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ROMA Sotto il bancone le bariste del bar Nori tengono una mazza da baseball: «Non si sa mai, siamo pronte a tutto, qui è pieno di sbandati e tossici». Nei dintorni della stazione Termini, la più grande e, in questi giorni di ferie estive, la più affollata d'Italia, anche le donne fanno lo slalom tra accampamenti di fortuna, giovani e meno che si fanno di crack o che come fantasmi girano a caccia di spacciatori di psicofarmaci. Persino quei pochi metri tra quando le commesse del terminal chiudono le porte dei loro negozi a quando girano l'angolo per rientrare dall'androne principale per prendere le ultime corse di treni e metro e tornare a casa, la paura le assale: «Non usciamo mai da sole, cerchiamo di essere sempre in gruppo. Ormai qui è come una piccola città - racconta Daniela, al lavoro nel reparto di dermocosmesi della grande farmacia che affaccia su via Marsala - per cui carabinieri e polizia girano sempre quando cominciano ad avvicinarsi le nove di sera». Un mese fa una turista terrorizzata, in pieno pomeriggio, è entrata di corsa nella rivendita.
«Diceva che un uomo la stava inseguendo, ci ha chiesto di potersi rifugiare qui dentro in attesa di riunirsi al suo gruppo - prosegue la farmacista - per fortuna non ci sono stati altri casi». Fino a non molto tempo fa i negozi di Termini chiudevano alle ventidue. Poi la decisione di dare le mandate alle porte con un'ora d'anticipo. «Si correvano troppi rischi a fare più tardi - dicono Alessia ed Elisabeth del punto vendita Camomilla al piano inferiore - il nuovo orario e altre accortezze messe in piedi dalla nuova direzione di stazione sono venute incontro alle nostre esigenze.
La mappa dei pericoli è presto tracciata: «Su via Giolitti imperano giovani nordafricani e slavi, dediti alla prostituzione maschile - dice Carla, che serve panini in un fast food - e alcuni di loro, specie i tunisini, sono molto violenti perché fatti di crack. Mentre i barboni, di solito, non ci danno fastidio. Molti sono come "di casa", sempre gli stessi da anni». In via Marsala alle quattro del pomeriggio è già pieno di ubriachi. Bottiglie di birra ovunque, persone ciondolanti. «Passo svelto e telefonino ben stretto in mano per chiamare subito aiuto se ce ne fosse bisogno - racconta Maura Ferri, banconista di ventitré anni - così percorro veloce i pochi metri fino a piazza Indipendenza dove divido casa con una coinquilina. Col fiato in gola perché nel dedalo di vie, a ogni angolo, temo che sbuchi qualcuno pronto a darmi fastidio. Quando mi hanno offerto questo lavoro, in regola e con un buon trattamento, non ci ho pensato un attimo e l'ho accettato. Ma è pur sempre una grande stazione e come tutte le grandi stazioni è un polo d'attrazione per sbandati d'ogni tipo».
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«SOLE NEI TUNNEL»
In piazzale dei Cinquecento, nei pressi del tunnel che porta alla metro l'olezzo di urina è nauseabondo. «Di notte qui è terra di nessuno - dice una autista dell'Atac, la municipalizzata dei trasporti - le liti sono continue, gente fuori di testa si prende a bottigliate. È un continuo correre di sirene. Io mi chiudo dentro la cabina di guida per sentirmi più sicura». Il ministro degli Interni Matteo Piantedosi ha rafforzato il piano di presidio e controllo nelle grandi stazioni, così anche a Termini. «Ma è un problema di leggi e certezza delle pene - dice una dipendente help desk di Italo - vediamo sempre le stesse facce: abusivi, ladri seriali; a molti viene applicato il daspo urbano ma poi eccoli che ritornano». La paura corre nei metrò di Roma. «Tutte le sere una corsa per agguantare l'ultimo convoglio della Metro A al termine del lavoro - spiega Laura, che lavora in un ufficio stampa - nei tunnel e negli atri ti senti terribilmente sola. Gli operatori di stazione diventano una chimera, molti li vedi chiusi nei gabbiotti, disinteressati a quel che accade. Ogni volta quando rientro a casa, mi sento fortunata».Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero