La Voragine di Monte Spaccato restituisce le prove di una leggenda. Uno di quei cold case che il passare dei secoli aveva smesso di ricordare. Protagonista, il mistero della...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Davvero solo leggenda? E se tutto fosse vero? La soluzione del caso è vicina, perché un’équipe di speleologi ha trovato e identificato la gabbia incastonata nella voragine. Non una semplice grotta: siamo di fronte ad una spettacolare - e altrettanto rischiosa - fenditura carsica profonda quasi cento metri che si apre nel territorio di Tivoli, poco a sud della vetta di Colle Ripoli. Una sorta di foiba tiburtina, un impressionante abisso che rappresenta un unicum a livello italiano per l’originale connubio tra storia e natura, visto che fu utilizzata come cava di alabastro per i fasti dell’imperatore Domiziano (sulle pareti spiccano i gradini scavati dagli schiavi). «Abbiamo deciso di fare luce una volta per tutte su questa leggenda», racconta Lorenzo Grassi del centro ricerche Sotterranei di Roma che ha partecipato alla spedizione organizzata da Piero Festa dell’Associazione Speleologi Romani.
È stata una caccia al tesoro, indizio dopo indizio. «Man mano che scendevamo in profondità, riemergevano frammenti arrugginiti che liberavamo dai cumuli di detriti fino a che con nostra grande sorpresa è riemerso un gancio», continua Grassi. La scoperta ha moltiplicato le energie. «Dopo molte ore di delicato lavoro, quando eravamo davvero esausti, la sorpresa - ricorda Grassi - È venuta fuori tutta la gabbia». Si tratta di una sorta di “cestello”, alto poco più di un metro e mezzo per una larghezza di 50 centimetri, con due strisce che partono dal gancio e si incrociano sul fondo (dove probabilmente era presente un’asse o una pedana in legno). «Difficile capire se sul fondo sia rimasto solo il gabbione o anche lo scheletro dell’esploratore - riflette Lorenzo Grassi - La base della Voragine è infatti disseminata di resti di animali». La ricerca dunque è ancora aperta.
Del ritrovamento è stata immediatamente informata la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’Area metropolitana di Roma che nelle prossime settimane coordinerà l’intervento di recupero della gabbia.
Il Messaggero