Svelato il mistero di Monte Spaccato: trovata la "gabbia" dell'esploratore inglese scomparso nell'800

Svelato il mistero di Monte Spaccato: trovata la "gabbia" dell'esploratore inglese scomparso nell'800
di Laura Larcan
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Venerdì 25 Maggio 2018, 01:08 - Ultimo aggiornamento: 28 Maggio, 19:59

La Voragine di Monte Spaccato restituisce le prove di una leggenda. Uno di quei cold case che il passare dei secoli aveva smesso di ricordare. Protagonista, il mistero della scomparsa di un esploratore inglese che alla metà dell’Ottocento, sulla scia della suggestione che Tivoli e il suo patrimonio storico-naturalistico ancora esercitava sugli ultimi viaggiatori del Grand Tour, aveva tentato un’avventurosa discesa nell’orrido ventre di Monte Spaccato attraverso una speciale gabbia-navicella. La tradizione, tramandata solo oralmente senza documenti scritti, favoleggiava dell’impresa del temerario inglese che si sarebbe tuffato nell’abisso chiuso dentro una speciale gabbia metallica (un gioiello di tecnologia per l’epoca) manovrata attraverso funi: nel risalire, però, le corde si spezzarono e il disgraziato sarebbe precipitato nel fondo della voragine, intrappolato nella sua stessa gabbia.
 

 


Davvero solo leggenda? E se tutto fosse vero? La soluzione del caso è vicina, perché un’équipe di speleologi ha trovato e identificato la gabbia incastonata nella voragine. Non una semplice grotta: siamo di fronte ad una spettacolare - e altrettanto rischiosa - fenditura carsica profonda quasi cento metri che si apre nel territorio di Tivoli, poco a sud della vetta di Colle Ripoli. Una sorta di foiba tiburtina, un impressionante abisso che rappresenta un unicum a livello italiano per l’originale connubio tra storia e natura, visto che fu utilizzata come cava di alabastro per i fasti dell’imperatore Domiziano (sulle pareti spiccano i gradini scavati dagli schiavi). «Abbiamo deciso di fare luce una volta per tutte su questa leggenda», racconta Lorenzo Grassi del centro ricerche Sotterranei di Roma che ha partecipato alla spedizione organizzata da Piero Festa dell’Associazione Speleologi Romani.

È stata una caccia al tesoro, indizio dopo indizio. «Man mano che scendevamo in profondità, riemergevano frammenti arrugginiti che liberavamo dai cumuli di detriti fino a che con nostra grande sorpresa è riemerso un gancio», continua Grassi. La scoperta ha moltiplicato le energie. «Dopo molte ore di delicato lavoro, quando eravamo davvero esausti, la sorpresa - ricorda Grassi - È venuta fuori tutta la gabbia». Si tratta di una sorta di “cestello”, alto poco più di un metro e mezzo per una larghezza di 50 centimetri, con due strisce che partono dal gancio e si incrociano sul fondo (dove probabilmente era presente un’asse o una pedana in legno). «Difficile capire se sul fondo sia rimasto solo il gabbione o anche lo scheletro dell’esploratore - riflette Lorenzo Grassi - La base della Voragine è infatti disseminata di resti di animali». La ricerca dunque è ancora aperta.

Del ritrovamento è stata immediatamente informata la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’Area metropolitana di Roma che nelle prossime settimane coordinerà l’intervento di recupero della gabbia. La storia, e non più leggenda, dell’esploratore inglese, a questo punto, è destinata a finire in un museo. Dopo un restauro del reperto (e si spera anche il recupero dei resti del corpo), l’idea è di destinare la gabbia al nuovo Museo civico di Tivoli al Palazzo della Missione (Complesso Mauro Macera) curato da Maria Antonietta Tomei in un allestimento arricchito da pannelli didattici sulla storia della Voragine di Monte Spaccato.
Non a caso, questo abisso sublime ha colpito nel corso dei secoli la fantasia di una moltitudine di scienziati e viaggiatori, riscoperto e sondato a partire dal 1600. Fino all’impresa leggendaria dell’inglese che ricorderanno i primi esploratori del ‘900: nel 1936, infatti, Claudio Ranieri riferisce che «tra i sassi del fondo è stato rinvenuto lo scheletro di una gabbia in ferro». E nel 1947 il professor Aldo Segre avvisava, al termine di una durissima discesa, che nel fondo della Voragine poteva esserci «una gabbia di ferro adoperata da uno scienziato britannico che 80 anni or sono precipitò nel tentativo di esplorarlo». Ovvero tra il 1867 e il 1877.

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