Roma, il fratello di Carminati nel giro degli ex Nar

Roma, il fratello di Carminati nel giro degli ex Nar
Se gli si chiede che lavoro fa, risponde «faccio panini, servo caffè». Mostrandosi distante anni luce dall'ingombrante figura del fratello. Invece Sergio...

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Se gli si chiede che lavoro fa, risponde «faccio panini, servo caffè». Mostrandosi distante anni luce dall'ingombrante figura del fratello. Invece Sergio Carminati, brizzolato ed elegante, cinque anni più giovane del tristemente famoso Massimo, il criminale passato dai Nar alla Banda della Magliana a presunto capo di Mafia Capitale, farebbe parte in pieno della sua rete di relazioni. Visto che nel bar-pasticceria dove lavora, in piazza Eugenio Morelli, a un passo dal centro di Roma, si contano soci come Cristina Alibrandi e Alessandro Liburti. La prima è sorella di Alessandro Alibrandi, definito dall'informativa del Ros consegnata ieri durante il processo a Mafia Capitale, «noto appartenente al Nar, ucciso il 5 dicembre del 1981 a seguito di un conflitto a fuoco con rappresentanti della polizia di Stato». Il secondo, invece, avrebbe gestito uno stabilimento balneare sul lungomare di Castel Fusano insieme a Lorenzo Alibrandi, fratello minore di Alessandro. «Il fratello di quello era un compagno mio - quasi si vantava Massimo Carminati in un'intercettazione agli atti - Un mio compagno che è morto».

I nuovi atti sono stati depositati dopo la testimonianza in aula di Sergio Carminati, sentito la scorsa settimana nel maxi processo romano ormai giunto alla centoventesima udienza, come testimone della difesa.

L'INTERROGATORIO
Arriva il 20 settembre nell'aula bunker di Rebibbia per riferire dei rapporti con il fratello, e il 21 scatta l'ispezione al bar dove lavora. «Gestisco un bar», aveva detto in prima battuta. «Sono direttore del personale», aveva precisato poi. Per rispondere alla presidente della Corte, Rosanna Ianniello, che gli chiedeva dove fosse: «Ai Colli Portuensi. Conoscete la zona, no?», ha replicato. In quell'udienza era sembrato che Sergio volesse prendere vagamente le distanze dal fratello, quando il pm Luca Tescaroli gli aveva chiesto se con lui si confidasse. «Massimo - ha dichiarato - mi diceva quello che voleva. Non faccio domande a mio fratello». Il giorno dopo scatta l'ispezione al bar. Gli investigatori del Ros, che lo trovano a servire dei clienti, annotano: «Sergio Carminati risulta dipendente, con contratto part time della società T&T Caffè a capitale ridotto che gestisce l'omonimo bar in piazzale Eugenio Morelli. Più in particolare in tre mesi e mezzo, dal settembre al dicembre 2015, ha incassato 3.939 euro, dal gennaio a luglio ha percepito la retribuzione di 7.855 euro. Una società di proprietà al cento per cento di Gianluca De Angelis». Anche quest'ultimo un cognome che richiama l'estrema destra, le morti violente.
L'assunzione è successiva all'arresto di Massimo. Mentre era precedente quella di Micaela Carminati, la sorella del presunto boss, piazzata, su sua sollecitazione, ad occuparsi di relazioni esterne all'Unibar di Giuseppe Ietto, lo sfornapasti di Mafia Capitale, che solo per la coop di Salvatore Buzzi di via del Frantoio arrivava a preparare 16.240 menu al mese.

LA SORELLA

«Un ragazzo nostro», lo definisce Carminati. Mentre la moglie di Ietto ingelosita della nuova assunzione e dello strano silenzio del marito, si lamentava al telefono quando ha saputo del nuovo arrivo: «Ma chi è questa? È una mega figa?». E Ietto, con un filo di voce, alla fine cede solo sul nome: «Si chiama Micaela, l'ho assunta per fare un favore a un amico. Fidati». Di certo Sergio e Micaela stanno dalla parte del fratello. Di lui dicono: «Massimo un boss mafioso? Sembra uno scherzo».
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Il Messaggero