Tutto da rivedere. L'intera procedura per l'inumazione dei feti abortiti tra la ventesima e ventottesima settimana (spontaneamente o per interruzione terapeutica) al...
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Roma, Atac e la truffa dei finti certificati per restare a casa: «Non li scrive un medico». Il giallo del timbro di un pediatra arabo
MANCATE TUTELE
Il caso è già al vaglio della Regione, la capogruppo della Lista Zingaretti, Marta Bonafoni chiede al Governo di rivedere il regolamento nazionale che risale al 90 e che non obbliga alla tutela della privacy ma, intanto, ha già fatto sapere che la maggioranza regionale sta valutando «un regolamento attuativo, una declaratoria, o una legge regionale ancora più stringente per eliminare la discrezionalità che ha portato al caso del cimitero Flaminio». Mentre Lorenza Fruci, delegata del Campidoglio alle Politiche di Genere ha parlato di un fatto «inaccettabile» e che non dovrà accadere più. Ama ha, dunque, avviato una consultazione con il Garante. La questione è: chi è il titolare del consenso al trattamento dei dati dei feti e dei loro genitori? Come mai nessuno si è preoccupato di preservarne la riservatezza? Perché, poi, utilizzare proprio una croce per segnalare il luogo della sepoltura? «Marta ha fatto capire che a Roma, solo se ti occupi tu e paghi per l'inumazione del feto - spiega Adele Orioli, responsabile delle azioni legali dell'Uaar, associazione l'Unione degli atei e degli agnostici razionalisti - hai garantita la privacy e il rispetto del diritto alla tutela della salute». Il pasticcio risiede in buchi della normativa che permettono ambiguità. Ma anche nella superficialità con cui «per consuetudine» da anni vengono gestiti il trasferimento e la inumazione nel camposanto. Presto potrebbero arrivare le prime sanzioni e gli ammonimenti del Garante della privacy a chi, tra ospedale, servizi di medicina legale delle Asl o Ama non abbia disposto dei dati sensibili nella maniera corretta. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero