Sepolture senza privacy, si muove la Regione: «Tumulazioni dei feti, regole da riscrivere»

Sepolture senza privacy, si muove la Regione: «Tumulazioni dei feti, regole da riscrivere»
di Alessia Marani
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Venerdì 2 Ottobre 2020, 09:50

Tutto da rivedere. L'intera procedura per l'inumazione dei feti abortiti tra la ventesima e ventottesima settimana (spontaneamente o per interruzione terapeutica) al cimitero Flaminio dovrà essere riadattata secondo i principi della tutela della privacy e del diritto di autodeterminazione della donna. Mai più i nomi delle mancate mamme in chiaro e per giunta su croci simbolo di una confessione religiosa mai espressa. E nelle prossime ore la Procura potrebbe aprire un'indagine dopo le prime denunce. Anche se il Garante della Privacy che ha appena aperto una istruttoria sul caso non si è ancora pronunciato, la denuncia di Marta Loi, la donna che con un post su Facebook ha raccontato la sua dolorosa esperienza («dopo avere abortito terapeuticamente al San Camillo e avere firmato un foglio in cui dicevo di non potermi fare carico io della sepoltura del feto, ho scoperto che dopo mesi era stato inumato in un'area comune di Prima Porta distinta da una croce con sopra il mio nome e una data che di per se non indica nulla», la sintesi) ha squarciato un velo su quella che è stata ribattezzata come una pubblica gogna per chi affronta un aborto e non può, per i più svariati motivi, personali ed economici, occuparsi della sepoltura del feto. Dopo Marta Loi sono già una trentina le donne che hanno scoperto di avere avuto lo stesso trattamento a loro insaputa. L'associazione Differenza Donna è pronta a una class action.

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MANCATE TUTELE
Il caso è già al vaglio della Regione, la capogruppo della Lista Zingaretti, Marta Bonafoni chiede al Governo di rivedere il regolamento nazionale che risale al 90 e che non obbliga alla tutela della privacy ma, intanto, ha già fatto sapere che la maggioranza regionale sta valutando «un regolamento attuativo, una declaratoria, o una legge regionale ancora più stringente per eliminare la discrezionalità che ha portato al caso del cimitero Flaminio». Mentre Lorenza Fruci, delegata del Campidoglio alle Politiche di Genere ha parlato di un fatto «inaccettabile» e che non dovrà accadere più. Ama ha, dunque, avviato una consultazione con il Garante. La questione è: chi è il titolare del consenso al trattamento dei dati dei feti e dei loro genitori? Come mai nessuno si è preoccupato di preservarne la riservatezza? Perché, poi, utilizzare proprio una croce per segnalare il luogo della sepoltura? «Marta ha fatto capire che a Roma, solo se ti occupi tu e paghi per l'inumazione del feto - spiega Adele Orioli, responsabile delle azioni legali dell'Uaar, associazione l'Unione degli atei e degli agnostici razionalisti - hai garantita la privacy e il rispetto del diritto alla tutela della salute». Il pasticcio risiede in buchi della normativa che permettono ambiguità. Ma anche nella superficialità con cui «per consuetudine» da anni vengono gestiti il trasferimento e la inumazione nel camposanto.

Presto potrebbero arrivare le prime sanzioni e gli ammonimenti del Garante della privacy a chi, tra ospedale, servizi di medicina legale delle Asl o Ama non abbia disposto dei dati sensibili nella maniera corretta.

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