Una ragazza è stata crudelmente uccisa in città. Ieri in un articolo apparso su questo giornale, si è prospettata una possibile emulazione di violenze...
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L’Italia è un paese afflitto da schemi culturali rigidi e astratti. La televisione viene giudicata alla stregua del cinema, il cinema alla stregua della letteratura e il tutto alla stregua della pedagogia. E’ frutto dell’impronta religioso-ideologica (da questo punto di vista le due cose quasi coincidono) che è ancora forte nella nostra formazione.
Così si nega ad ogni artefatto la sua autonomia: un libro, un film, una serie, non sono creazione di linguaggio ma atti destinati ad maiorem Dei gloriam.
Sono la continuazione della politica (o della religione) con altri mezzi: devono produrre “buoni” pensieri.
Non c’è la percezione del fatto che il racconto, sopratutto visivo, è costruito «con la stessa materia di cui son fatti i sogni» e cioè l’inconscio. Segue leggi non razionali e mette in scena il rimosso. E il rimosso è l’aggressività, il corpo e anche il femminile. In Grecia, di giorno uomini uguali passeggiavano nel bosco d’Academo parlando dell’idea, ma di sera tutti andavano ad assistere a tragedie in cui donne infuriate sgozzavano i maschi, figli si accoppiavano alle madri uccidendo i padri, e Antigone sovvertiva la legge. Questo rimosso, che disordina il mondo benpensante, spiattella realtà sgradite.
I maschi uccidono e bruciano le donne nella realtà, perché le donne vogliono oggi essere libere e i maschi non l’accettano. L’Istinto a colpirle è in ogni uomo. Le serie questo istinto lo “fanno vedere”: occorre avere il coraggio di guardarlo. E non voltare la faccia e autoassolversi, dando la colpa al racconto del fatto: il fatto sta prima del racconto. Non serve il commissario Cattani: occorre che noi maschi ci guardiamo allo specchio.
* Produttore delle serie tv Romanzo Criminale e Gomorra Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero