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IL GIAPPONESE
Sorge dove erano gli orti di Muzio Scevola, vicini a quelli celebri in cui si ritira Cincinnato: nella zona, sono stati compiuti importanti ritrovamenti, come uno splendido «Satiro che ghermisce una Ninfa», marmo del II sec a.C. dei Musei Capitolini, ora alla Centrale Montemartini. L'area era da sempre abitata, anche se l'acqua corrente vi arriva appena nel 1608, grazie a Paolo V Borghese. Qui, il malato guarito vuole una cappella, per salvare l'icona dalla pioggia. Poi, ecco la chiesa delle corporazioni di mestieri: la navata le ricorda ancora, con lapidi delle categorie sul pavimento. Del luogo, era devoto anche Giuliano Nakaura: un principe che è ritratto nel Quirinale, allora palazzo dei papi, alla testa della famosa ambasceria a Gregorio XIII Boncompagni, nel 1585. Grazie a quella «Madonnella», Nakaura, beato nel 2008 a Nagasaki con altri 188 martiri, si salva da un nubifragio in mare a Ostia; ma mezzo secolo dopo la missione, la comunità cristiana giapponese è sterminata. E la chiesa è ora quella della comunità nipponica a Roma.
BAGLIONE
Da centinaia che erano, gli adepti alle «Università» sono ridotti a poche decine. Ma sono ancora assai attivi. «Qui, per 43 anni ha dipinto Giovanni Baglione», l'avversario di Caravaggio che lo chiamava «Gian coglione», come ricorda Domenico Rotella, Camerlengo dell'Arciconfraternita (e nipote del famoso artista Mimmo); hanno anche promosso un librone di studi, 650 pagine, curati da Michele Funghi e Williams Troiano (ed. dei Merangoli). L'interno è pervaso dei suoi quadri: pure l'ultimo. Progetta invece la facciata il Vignola, Jacopo Barozzi, tra l'alto autore anche di Palazzo Farnese, a Caprarola; però, la completa Francesco Capriani, detto «da Volterra»; il progetto dell'edificio è di un allievo di Michelangelo, Guidetto Guidetti. In facciata, ricorda il miracolo da cui il complesso nasce una dicitura sulla trabeazione. Accanto, è la cosiddetta «Aula del vestiario», con un soffitto cinquecentesco in legno policromo; nella chiesa, Roberto Rossellini girò parecchie scene di Roma città aperta. Autori delle altre opere (tra gli altri) Taddeo e Federico Zuccari, Giacomo della Porta (suo l'altare), Corrado Giaquinto. Il pavimento è il frutto di un restauro del Settecento.
CONFISCHE
La chiesa più «popolare» di Roma un tempo era ricchissima: Napoleone confisca centinaia di beni. Resta l'Oratorio, un ignoto gioiello del barocco; il resto, è diventato ormai il tabacchificio «per sigari leggeri» (una volta: ormai, anche lui ha traslocato). Lo stesso interno, decorato a più non posso, con lapidi, tracce di donazioni e quant'altro, è uno specchio della remota ricchezza dell'Arciconfraternita. C'è ancora la più completa «macchina» per l'adorazone delle 40 ore esistente nell'urbe: un trionfo di candelabri. E, nel giardino, la costola di una balena, a ricordarne le origini anche marinaresche: il porto di Ripa era qui accanto. Ma sull'altare, la «Madonnella» cui il devoto guarito aveva promesso che avrebbe avuto davanti un lume acceso a vita.
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Il Messaggero