Uccise l'infermiera Rossella Nappini con 56 coltellate perché non accettava la fine della relazione, che aveva instaurato per ottenere anche la sua regolarizzazione sul...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
IL RACCONTO DELLA SORELLA
Effettivamente anche la sorella della vittima, Monica Nappini, in un'intervista a "Il Messaggero" aveva confermato che «stavano organizzando il matrimonio», prima che lei decidesse di lasciarlo. «Mi disse "mi sono innamorata di quest'uomo e lo voglio sposare". Io le obiettai che lo conosceva da tre mesi e lei mi rispose che era bravo, "mi fa sentire bene", "mi sento amata, mi porta fuori". In realtà ci era uscita solo due volte, una sera per un cinema e un'altra per una pizza fuori. Stop. Le dissi: per questo ti vai a sposare? Ti rendi conto di cosa fai? Poi non abbiamo più ripreso l'argomento perché rischiavamo di finire a discutere. Quest'uomo lo vidi solo in foto su Facebook e le esposi le mie perplessità. Poi la relazione si è interrotta: immagino che mia sorella avesse scoperto qualcosa di lui, del suo passato. Si è tirata indietro, ha mollato tutto e allora lui si è vendicato».Dopo l'assassinio era tornato a casa sua come se nulla fosse. Davanti ai poliziotti che alle 4,30 della notte erano andati a bussare alla porta dell'abitazione a Torrevecchia che condivideva con due connazionali e col proprietario italiano, aveva abbassato lo sguardo e ammesso quello che aveva fatto solo poche ore prima. Si era lasciato portare via, senza opporre resistenza. Con l'arma del delitto probabilmente era uscito di casa, intenzionato a fare del male alla 52enne. Poi, per nascondere le tracce del sangue, si era lavato le scarpe. È bastato tracciare il telefono del marocchino per avere la conferma che all'ora dell'omicidio fosse agganciato alla cella di zona. Non aveva tentato la fuga, ma nemmeno si era subito consegnato agli inquirenti, messi sulle sue tracce dai familiari della vittima, uccisa alle cinque meno un quarto del pomeriggio nell'androne del palazzo di via Allievo, in cui abitava con l'anziana madre. Rossella sei mesi prima aveva lasciato la casa di Campagnano, con cui aveva vissuto con l'ex, per trasferirsi al Trionfale, più vicina all'ospedale San Filippo Neri dove lavorava. Con l'occasione le due donne avevano deciso di ristrutturare l'appartamento e Harrati era uno degli operai della ditta incaricata. La loro storia, tuttavia, sarebbe durata pochi mesi. Lui, però, non voleva arrendersi. Le scriveva messaggi, la chiamava, le aveva anche richiesto i soldi spesi per il tempo passato insieme.
«VOGLIAMO L'ERGASTOLO»
I giudici ieri hanno ammesso come parti civili i figli, la mamma e la sorella dell'infermiera uccisa, oltre all'associazione «Insieme a Marianna» e a quella per le vittime vulnerabili di reato. «Vogliamo il massimo della pena», hanno detto i familiari al termine dell'udienza. La prossima è fissata per il 29 maggio, quando verranno sentiti in aula i poliziotti della Squadra Mobile che hanno condotto le indagini.Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero