Va via Rembrandt, ma resta Neri Corsini. E non è affatto poco, anzi: stiamo parlando di un personaggio centrale della storia del ‘700 e della cultura che ha fatto...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Perché raccontare questa storia? Perché a come co-protagonista - oltre a Roma e Rembrandt - Neri Corsini su cui si devono accendere di più e meglio i riflettori della conoscenza. Su di lui e sull’ambiente in cui era inserito e che ha molto contribuito a rendere Roma come (troppo poco) la conosciamo.
Era un fiorentinissimo cosmopolita che aveva girato l’Europa come diplomatico del Granducato mediceo: Parigi, Vienna, Londra, L’Aja. Uno che, quando si piazzò a Palazzo Corsini a Roma da dove governava insieme allo zio Clemente XII, proteggeva di nascosto - insieme al suo fidatissimo monsignor Bottari, consigliere della Congregazione dell’Indice ma anche sponsor di edizioni clandestine di classici italiani sgraditi alla censura cattolica, come le «licenziosissime» Novelle di Franco Sacchetti - la cultura meno incline all’ortodossia. L’elezione di Clemente XII a pontefice era stata anche opera delle sue trame presso le corti europee, dei suoi contatti, delle sue amicizie. Ovviamente era pieno di nemici. Il De Brosses, gran conoscitore di Roma, lo definiva di «scarso spirito, meno cervello, nessuna capacità». Anche per le sue tendenze gianseniste («Il peccato di quella famiglia Corsini è che protegge e ha sempre protetto i birbanti», scriverà Benedetto XIV), il successore di Clemente XII farà fuori Neri. Su cui pesava tra l’altro, e da tempo, l’accusa di essere nemico giurato dei gesuiti. Il che era vero sia nel suo caso che in quello del suo sodale Bottari.
E comunque, era stato lui nel 1736 ad acquistare il palazzo del Riario in via della Lungara che, restaurato da Fuga e diventato Palazzo Corsini, accolse sia la ricchissima biblioteca (più di quarantamila volumi) donatagli nel 1733 dallo zio, che egli contribuì ad accrescere e che aprì al pubblico nel 1754, sia la propria celebre raccolta di stampe, iniziata fin dagli anni della sua attività di diplomatico. Per non dire dei dipinti, e il Rembrandt fu uno di questi. Ora «L’autoritratto come San Paolo» torna in Olanda, ma qui resta la colossale memoria di Neri. E non c’è idea più opportuna di quella della direttrice di Palazzo Corsini: a presto una grande mostra sul cardinal nipote, per ricordare una grande stagione di sviluppo italiano e ricominciare da lì.
Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero