Roma, piano anti-crisi in 10 mosse: «Sì al tavolo governo-Campidoglio»

Per capire quanto la traversata del deserto per l’economia romana rischi di essere ancora lunga, c’è un indice che più di altri fa da bussola: il valore...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Per capire quanto la traversata del deserto per l’economia romana rischi di essere ancora lunga, c’è un indice che più di altri fa da bussola: il valore aggiunto pro-capite. Il concetto, banalizzandolo, è abbastanza semplice. Quanto valore aggiunge la produzione e il lavoro ad un determinato bene o servizio? La plastica e il rame che compongono un telefono cellulare, per esempio, valgono forse qualche decina di euro. Ma quella stessa plastica e rame trasformati in uno smartphone ne portano il valore a qualche centinaio di euro. Se su un determinato territorio il valore aggiunto pro-capite è basso, vuol dire che l’economia è povera. Dunque proprio nel valore aggiunto sta il principale campanello d’allarme suonato dall’analisi su Roma condotta dal ministero dello Sviluppo economico e inviata alla sindaca Virginia Raggi, al presidente della Regione Nicola Zingaretti, e ai sindacati(si veda il Messaggero di ieri).




Nella provincia di Roma il valore aggiunto, dal 2008, si è ridotto del 5,3%, scendendo da 139 miliardi di euro a 132 miliardi di euro. A Milano, nello stesso periodo, è cresciuto dell’1,5%. Quello pro-capite è addirittura crollato di oltre il 15%, passando da 35.800 euro a 30.200 euro. Una crisi che non ha risparmiato nessun settore. Nel commercio, nel turismo e nelle comunicazioni, la riduzione ha superato i nove punti percentuali. Nelle costruzioni il crollo è stato del 25%. Nell’agricoltura dell’11,3%. La crisi non ha colpito tutte le aree della provincia di Roma allo stesso modo. In alcune la riduzione del valore aggiunto è stata più marcata, come nella bretella Sud, che comprende Zagarolo, Artena, Palestrina, dove il valore aggiunto è andato in picchiata di oltre il 35%. Anche il litorale Nord, con Cerveteri, Ladispoli, Civitavecchia, ha visto calare il suo valore aggiunto del 12%. La Capitale invece, dove il dato è rimasto costante, ha indossato un’altra maglia nera, quella di area con le maggiori crisi occupazionali. Dei 23 mila dipendenti coinvolti nelle 58 crisi capitoline, ben 9 mila sono quelli di Alitalia, alle difficoltà del settore sanitario con il San Raffaele e il Gruppo Garofalo, alla crisi delle grandi catene di elettronica come Edom (la ex Trony) e Mediamarket, la capitale e il suo hinterland hanno pagato un prezzo elevato in termini occupazionali. Così come le aree di Fiumicino e di Pomezia, quest’ultima con la crisi di Fiorucci.

LA TRASFORMAZIONE
La trasformazione, preoccupante, del tessuto produttivo sta nei numeri del dossier del ministero dello Sviluppo: nonostante dal 2008 al 2016 le imprese siano aumentata da 426 mila a 486 mila, le società per azioni, quelle più grandi e strutturate si sono ridotte del 13%. Sostituite da un vero e proprio boom di ambulanti e affittacamere, tutte attività a basso valore aggiunto. Eppure di risorse per invertire il declino ci sarebbero, 2,6 miliardi già disponibili tra fondi regionali, governativi ed europei. Ed è lo stesso ministero guidato da Carlo Calenda a farne un certosino censimento. Solo per lo sviluppo economico e la competitività delle imprese ci sono fondi per 270 milioni, 113 dei quali per la reindustrializzazione e per cogliere le sfide di industria 4.0. Altri 62 milioni per l’innovazione, 72 milioni per favorire l’accesso al credito delle imprese. Altri 40 milioni sono stanziati per l’occupazione: 13,5 per le crisi aziendali, 15 per i tirocini, quasi 4,5 per la ricollocazione dei lavoratori.



IL LUNGO ELENCO

Per le nuove infrastrutture e per il trasporto pubblico c’è quasi un miliardo di euro da spendere: 446 milioni per le opere strategiche, 16 milioni per il raddoppio della Tiburtina, 99 milioni per il prolungamento della metro B fino a Casal Monastero, 3 milioni per la banda ultralarga. Ci sono poi, 117 milioni di euro per la qualità dell’ambiente e la lotta all’inquinamento: 70 milioni per la lotta al dissesto idrogeologico per l’area metropolitana, 5 milioni per combattere l’inquinamento, 25 milioni per il nuovo piano di raccolta differenziata per Roma Capitale. Ci sono 71 milioni per valorizzare l’agricoltura: dal sostegno delle start up al supporto per gli investimenti per la conversione aziendale verso metodi di produzione sostenibile e biologica. Ci sono 530 milioni messi a disposizione dalla Regione per la nuova sanità: 220 milioni sull’edilizia sanitaria, 231 milioni per i lavori al policlinico Umberto I, 145 milioni per il Nuono ospedale dei Castelli romani. Per la scuola, la formazione e la conoscenza, sono disponibili fondi per 257 milioni di euro: 37,5 per i lavori in novanta scuole di Roma, 78 milioni per il progetto «Torno subito» che finanzia percorsi integrati di studio e lavoro in contesti nazionali e internazionali destinato ai giovani dai 18 ai 35 anni, universitari o laureati, residenti o domiciliati nel Lazio, dando l’opportunità di accrescere o migliorare le proprie competenze per poi reimpiegarle sul territorio regionale. Tutte iniziative tra loro disgiunte che, nell’idea di Calenda, dovrebbero convergere su un grande progetto per salvare Roma. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero