Roma, "Mondo di mezzo", le motivazioni della sentenza: «Associazione mafiosa di nuova formazione»

Roma, "Mondo di mezzo", le motivazioni della sentenza: «Associazione mafiosa di nuova formazione»
Un'unica associazione «di tipo mafioso di nuova formazione, di piccole dimensioni, operante in un ambito limitato» e che, grazie alla capacità...

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Un'unica associazione «di tipo mafioso di nuova formazione, di piccole dimensioni, operante in un ambito limitato» e che, grazie alla capacità intimidatoria di Massimo Carminati, utilizzava la galassia di cooperative di Salvatore Buzzi per fare affari in un'amministrazione permeabile agli accordi corruttivi. La terza corte d'Appello, che lo scorso settembre ha riconosciuto l'associazione a delinquere si stampo mafioso per gli imputati del processo "Mondo di mezzo", racconta le origini del rapporto tra l'ex Nar e il ras delle coop: furono Riccardo Mancini, ex presidente dell'ente Eur, e Fabrizio Franco Testa, ex consigliere amministrazione Enav, a farli incontrare. «Provenivano dall'esperienza politica di estrema destra, orientarono Carminati verso Buzzi e questi trovarono subito un'intesa e diedero luogo a un'unica associazione», si legge nelle motivazioni della sentenza. L'incontro avviene nel 2011 e, anche se i giudici non indicano la data di inizio dell'operatività del sodalizio, ne fissano invece la fine: dicembre 2014, quando la procura di Roma procede con gli arresti.


A parte l'attività presso il distributore di benzina che Carminati continuò a curare da solo, la scelta di Carminati e Buzzi di concentrare l'attività associativa nel settore degli appalti pubblici, dapprima riservato a Buzzi, fu il risultato di scelte strategiche della nuova associazione (al cui vertice si pose anche Carminati). Scelte che erano rispondenti ai risultati da raggiungere nel tempo. La struttura delle cooperative fu quindi utilizzata
«per la perpetrazione di una pluralità di reati, che assicurarono ai partecipanti notevoli vantaggi economici». Per la Corte «Buzzi e Carminati, in pieno accordo, decisero di dare vita a un'unica struttura alla quale conferirono Buzzi, l'organizzazione delle cooperative e il collaudato sistema di corruzioni e prevaricazioni». E il "Cecato" sfruttava «la sua forza di intimidazione e il legame con alcuni dirigenti provenienti dall'ambiente dell'estrema destra». Questa organizzazione, si legge nelle motivazioni «trovò il terreno favorevole nei comportamenti dei funzionari e politici corrotti o compiacenti». Le cooperative di Buzzi «che avrebbero dovuto perseguire lo scopo mutualistico e offrire alla comunità e agli utenti servizi adeguati, furono invece strumentalizzate per il perseguimento di fini illeciti». La strategia, riconosce la Corte, non utilizzava solo per le tangenti, ma anche per i contributi elettorali regolarmente registrati e gli accordi con la politica, che prevedevano intese tra maggioranza e opposizione per dividersi gli appalti. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero