Roma, scoperto nella metro A il cimitero dei portafogli rubati

Roma, scoperto nella metro A il cimitero dei portafogli rubati
Decine di portafogli gettati via. E ben nascosti, dopo essere stati accuratamente svuotati. Un cimitero segreto dove è impossibile accedere, perché a ridosso dei binari. Nessuno...

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Decine di portafogli gettati via. E ben nascosti, dopo essere stati accuratamente svuotati. Un cimitero segreto dove è impossibile accedere, perché a ridosso dei binari. Nessuno può vedere, nessuno può sapere. In una sorta di insenatura, alla fermata Repubblica, si intravedono mucchi di portamonete che giornalmente vengono rubati ai turisti e di cui – quasi sempre – si perdono le tracce.







La cosa più inquietante sono i documenti: carte di credito, bancomat, carte d'identità, biglietti da visita tutti lasciati a marcire senza che i legittimi proprietari possano mai rientrarne in possesso. Come finiscano lì, è un giallo. O quasi. Parlando con chi frequenta le metro e conosce sistemi e turni di lavoro, ipotizza che «siano gli addetti di stazione o delle pulizie che facciano sparire il denaro dopo aver trovato i portafogli», quasi sempre rubati da borseggiatori (borseggiatrici) rom. In modo da non lasciare traccia. È un'ipotesi. Suggestiva, però.



IL VIAGGIO

Per trovare il nascondiglio, bisogna scendere le scale mobili e arrivare sulla banchina, direzione Anagnina. Sulla destra – praticamente all'altezza del conducente quando ferma il treno, c'è un cartello rosso: è una zona vietata ma il cancelletto è sempre aperto, non servono chiavi. Si percorrono pochi metri su una grondaia molto stretta. A sinistra ci sono i binari, a destra una rientranza. È qui che si fa la scoperta.



Portafogli grandi e piccoli, da donne e da uomo. Pieni di carte, a volte dentro, altre buttate a terra. Si intravedono documenti con foto, sporche e poco visibili. Su un foglio si leggono scritte in arabo, poi ci sono scartoffie provenienti da Bolzano, una carta d'oro esclusiva per un golf club, il biglietto di un avvocato patrocinante in Cassazione, tessere della Feltrinelli e altri documenti buttati al di là di una grata dove è sistemata una coperta, forse un piccolo dormitorio per clochard. Ci sono nomi e cognomi. Gente a cui si potrebbe almeno riconsegnare un documento, magari per dimostrare che Roma non è solo borseggi e degrado. Ma anche una città civile. Che tiene ai suoi abitanti e ai turisti. Evidentemente qualcuno ha interesse a far sparire le prove.



IL FENOMENO

Lepanto, Ottaviano, Flaminio, Spagna, Barberini, Repubblica, Termini, Vittorio Emanuele, Manzoni e San Giovanni sono le fermate a più alto rischio borseggio: si contano tra i 50 e gli 80 borseggi al giorno (segnalati) ma il problema è sempre lo stesso. Una volta prese, le piccole bande vengono rimesse subito in libertà. Dopo le varie denunce, anche in commissariato, il giorno dopo se non lo stesso giorno i predoni tornano al “lavoro”. Obiettivo, individuare le prede, portare via il portafogli e consegnarlo al «ricevitore» che si trova quasi sempre alla stazione Flaminio.



Una volta lasciato il gruzzolo, di nuovo dentro a caccia di un'altra vittima. Un sistema che sembra inarrestabile e, che anzi, sarebbe in aumento considerando che i vigilantes negli ultimi anni sono stati tagliati. Gli addetti dei tre istituti di vigilanza che operano all'interno delle stazioni sono sempre meno (si parla di 4 pattuglie che ruotano a seconda dei turni). Alcune fermate, tipo Porta Furba, sono terra di nessuno. Anche se lì è difficile trovare il turista su cui avventarsi. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero