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Più ricavi e dunque più guadagni con una prospettiva rosea sul futuro e un sentimento di fiducia che riporta il comparto terziario di Roma all'epoca pre-Covid. Non è ancora un dato consolidato ma di certo l'andamento sull'ultimo trimestre delle imprese attive nei servizi, ovvero quelle che vanno dalla comunicazione al commercio al dettaglio, ristoranti e bistrot compresi, tirano quella boccata d'ossigeno che tanto mancava nella Capitale. Volano i ricavi complice anche l'andamento turistico che ha fatto di Roma, in questa estate 2023, una delle città maggiormente visitate non solo dagli italiani. E a cascata i riflessi si hanno proprio in quel settore che era e torna ad essere fra i capisaldi dell'economia romana.
I DATI
In percentuale si stima che i ricavi sulla precedente estate, dalla viva voce degli operatori, siano aumentati almeno del 20% tornando in linea con quanto totalizzato nel 2019. Milioni di euro spesi dai clienti che hanno comportato anche un aumento della fiducia negli operatori stessi. Ma non è solo un "sentimento" perché in base all'analisi sull'andamento dell'occupazione nel terziario, l'indicatore a Roma è pari a 53, rispetto alla media italiana che si attesta a 51. Tecnicamente il dato è stato ricavato confrontando le percentuali dei mesi scorsi su una scala che annoverava la condizione di "miglioramento", quella di "stabilità" e il "peggioramento". Questo significa che in termini pratici nella Capitale si lavora di più, nonostante permangano ancora delle zone d'ombra con imprenditori, attivi soprattutto nella ristorazione, che hanno dovuto far ricorso agli straordinari per i propri dipendenti non trovando nuovo personale disposto a lavorare in estate. Molto importante, poi, stando all'analisi compiuta da "Format Research" per Confcommercio con la collaborazione della Camera di Commercio di Roma, è l'indice sulla percentuale delle imprese che hanno garantito corsi di formazione ai propri dipendenti. Nel corso degli ultimi due anni, il 68% del terziario romano ha investito proprio su questo e il 28,6% delle imprese ha attivato corsi di formazione non obbligatoria. Il motivo? Rafforzare la propria squadra ed evitare "fuoruscire" in un mercato del lavoro che, per certe professionalità, è tornato a essere competitivo.
LA FORMAZIONE
I contenuti maggiormente affrontanti per i corsi obbligatori ma anche per quelli forniti senza che ve ne fosse un'esigenza "burocratica" sono andati dall'informatica e digitalizzazione (47%) allo sviluppo di abilità tecniche (29,4%). Dai corsi sulla gestione aziendale e amministrativa (28,2%) alla vendita, marketing e comunicazione (22,4%) in tutto con un chiaro obiettivo: migliorare le "performance" e le abilità dei propri dipendenti. In queste settimane è la città stessa che racconta l'andamento con gli alberghi, soprattutto del Centro, pieni, con i negozi di abbigliamento che hanno aumentato la clientela, con i servizi alla persona cresciuti di almeno il 30% sulle prestazioni erogate due anni fa, sempre in base a quanto contano gli imprenditori stessi.
I COSTI
Naturalmente ci sono dei fattori che continuano a "controbilanciare" l'andamento «l'aumento del costo del denaro - prosegue Chevallard - ma anche quello sulle materie prime continua a produrre i suoi effetti, motivo per cui bisognerà capire come andrà la prossima stagione, quella autunnale, dove i turisti non saranno quelli di ora». Nonostante ciò, «il 2023 è sicuramente l'anno in cui le imprese del settore terziario hanno avvertito il ritorno alla piena normalità». Leggi l'articolo completo suIl Messaggero