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Soltanto a Trastevere mancano una quarantina di spazzini rispetto a quelli che sarebbero necessari. Ma almeno qui, Ama, sfruttando la fine dei servizi davanti alle scuole e l’arrivo di ditte apposite per il porta a porta di locali e negozi, si appresta ad aumentare il personale. E le cose non vanno meglio nel resto della città, dove ogni “zona”, ogni presidio territoriale della municipalizzata, avrebbe bisogno di almeno una ventina di operai in più.
A MACCHIA DI LEOPARDO
La raccolta dei rifiuti nella Capitale è sempre più a macchia di leopardo: ogni giorno c’è sempre un quartiere dove saltano i giri di ritiro e che si sveglia con cassonetti traboccanti e sacchetti sparsi per strada. Senza parlare dei bidoncini di bar e ristoranti che spesso vengono lasciati fuori dai locali per tutta la notte, in attesa che Ama o le ditte in appalto passino a svuotarli. Ma quella occupazionale è soltanto una delle tante criticità, con le quali l’azienda si confronta nella sua attività. Certo, secondo i sindacati servirebbero ulteriori 1.500 dipendenti - ieri il Comune ha autorizzato l’assunzione di 655 addetti - ma i problemi sono a monte e partono dalla stessa organizzazione del servizio di raccolta.
LA MAPPA
Intanto la mappa dei giri - quella che programma e regola dove e quando devono andare i camion - è vecchia di oltre 30 anni: è stata stilata nel 1985 e aggiornata nel 1995, quando il lavoro dei netturbini era sostanzialmente quello di svuotare i cassonetti.
Gli attuali vertici di via Calderon de La Barca vogliono “ingegnerizzare” il servizio: vuol dire affidarsi agli algoritmi per soddisfare meglio in termini di raccolta le esigenze della Roma di oggi. E quindi non è un caso che i dipendenti manchino proprio nelle aree che sono più cambiate in questi anni e dove crescono le lamentale degli utenti: oltre a Trastevere, il Pigneto passato da quartiere di frontiera ad area trendy, pezzi del Centro come via del Corso e piazza di Spagna, il Tiburtino, il Tuscolano o Ostia. Ma oltre ai dipendenti Ama sconta anche il deficit di mezzi. Oggi, dopo una stretta nelle officine, il 60 per cento di camion e squaletti è funzionante, mentre il 40 è in manutenzione. Soltanto prima del Covid la proporzione era inversa.
Ma i numeri attuali diventano più bassi se un compattatore deve fare più chilometri e attendere ore di scaricare negli impianti di trattamento, perché nel Lazio Tmb e tritovagliatori sono pochi. Fermi in coda davanti ai cancelli di Malagrotta o di Colfelice, non possono rientrare velocemente per il secondo giro di raccolta. E in quest’ottica non aiuta neppure la dislocazione degli autoparchi e delle grandi officine, (Tor Pagnotta, Salario, Rocca Cencia e Ponte Malnome) collocate in ognuno dei punti cardinali della Capitale. L’introduzione del porta a porta impone un maggior uso di furgoncini, parcheggiati vicino alle aree di intervento. Appena se ne rompe uno, bisogna macinare chilometri per fare le riparazioni. Nota Flavia De Gregorio (Azione): «Se Ama così non ce la, si applichino contratti di servizio municipali e deleghe decentrate ai rifiuti».
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