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IL RISCHIO
Ma le proporzioni di questo salasso potrebbero anche raddoppiare. EGiovi, proprietaria dei Tmb di Malagrotta, chiede che Ama, oltre alla tariffa stabilita dalla Regione, continui a riconoscerle l'extracosto di 50 euro per portare gli scarti di lavorazione fuori dal Lazio. Perché - spiegano dall'azienda - l'autorità del settore Arera non permette alle Regioni di inserire nel listino anche le spese straordinarie di natura logistiche.
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Per la cronaca, Ama per il futuro è disposta a pagare soltanto i 176 euro previsti dall'ultima determina regionale. Ma la situazione rischia di gettare in una nuova crisi di rifiuti l'intera città di Roma: EGiovi, dopo il rogo del Tmb2 di Malagrotta, tratta giornalmente tra le 500 e le 600 tonnellate al giorno. Ma ha già fatto sapere sia al suo cliente sia alla Prefettura di Roma che a queste condizioni rischia di non poter più lavorare per Roma. Tradotto, non accetterà più il talquale della Capitale, che resteranno in strada.
Lo stesso problema EGiovi lo ha con il Comune di Fiumicino e città del Vaticano. Per sbrogliare la matassa ed evitare di ritrovarsi a Natale con i cassonetti traboccanti, dopo domani il prefetto Lamberto Giannini ha convocato una riunione a Palazzo Valentini con le parti e gli enti locali coinvolti. Ma c'è un altro risvolto in questa vicenda più preoccupante per Ama: se EGiovi vedrà accolta la sua richiesta, la municipalizzata dovrà pagare lo stesso extracosto alle altre aziende laziali alle quali manda il suo talquale. Attualmente Ama tratta poco meno del 30 per cento dell'indifferenziata, appoggiandosi a fornitori come Csa, Guidonia Ambiente, il gruppo Porcarelli e Saf. In quest'ottica rischia di spendere almeno altri 60 milioni all'anno.
Proprio per contenere la spesa sui conferimenti via Calderon de La Barca si appresta a lanciare una gara unica per trovare un solo fornitore a livello nazionale che tratti gli 1,8 milioni di rifiuti prodotti all'anno a Roma. E che si prenda in carico anche l'onere di mandare gli scarti in discarica. Ma anche su un altro fronte si vuole seguire la strada del mercato: il Cda ha deliberato di andare a gara anche per le manutenzioni degli automezzi, un nodo molto sensibile in azienda visto che in primavera l'azienda si è trovata con il 70 per cento della flotta ferma nelle officine. Dietro questa scelta ci sono motivazioni di trasparenza ed economiche. Dopo la crisi sul versante delle riparazioni, la municipalizzata ha deciso prima di non prorogare gli affidamenti già scaduti con alcuni fornitori, poi di annullare la gara per trovarne nuove officine perché era stata presentata una sola offerta. Si è andati verso affidamenti diretti, trattando con le case che producono i mezzi. Risultato? Prima della crisi si pagavano tra i 20 e 48 euro all'ora di manodopera, ora - anche per l'aumento dei costi dei ricambi e dell'inflazione - siamo intorno ai 65. Con la gara si spera di risparmiare qualcosa.
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Il Messaggero