La sindaca Virginia Raggi tiene il punto: «Rifarei tutto quello che ho fatto. Raffaele Marra sulla nomina del fratello Renato non ha avuto alcun potere decisionale: si...
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Si è difesa così nel corso dell'interrogatorio nel processo che la vede imputata per falso documentale per la promozione di Marra senior, nell'autunno del 2016, a capo della direzione Turismo del Campidoglio. Un confronto con i rappresentanti dell'accusa durato oltre tre ore: la sindaca ha difeso il suo operato nella procedura di interpello -ovvero la rotazione dei dirigenti- che portò alla nomina della macrostruttura dirigenziale dell'amministrazione capitolina.
«Raffaele Marra non aveva potere decisionale - ha detto Raggi davanti al giudice monocratico - Lui si limitava solo a firmare un atto e dunque secondo me non era necessario si astenesse». Una ricostruzione che si collega a quanto lei scrisse nel dicembre del 2016 alla responsabile dell'Anticorruzione del Campidoglio, Maria Rosa Turchi, che a sua volta aveva recepito una segnalazione dell'Anac.
«Su quella scelta non erano state sollevate eccezioni da parte della stessa Turchi, quell'atto era formalmente perfetto. Materialmente non ricordo chi scrisse quella lettera, credo sia stata la mia segretaria», ha detto. Per Raggi «quando l'Anac avanzò i suoi chiarimenti chiedendo in concreto quale fosse stato il ruolo svolto da Marra nella nomina del fratello, non mi sono preoccupata di svolgere particolari accertamenti. Del resto io non faccio l'investigatore. Credo fosse noto a tutti che i Marra erano fratelli e se l'ordinanza di nomina non andava bene alla Turchi mi avrebbe dovuto dire 'sindaco, non firmi, dobbiamo trovare un meccanismò. Questa cosa non mi venne rappresentata».
Comunque Raggi assicura che «anche oggi riscriverebbe la stessa cosa» anche se ha ammesso di avere saputo solo dopo, «quando sono stata interrogata in procura, della riunione fra l'ex assessore Adriano Meloni, il responsabile del personale Antonio De Santis e Raffaele Marra in cui quest'ultimo fece il nome del fratello Renato». E ancora: «Meloni si prese subito la paternità della scelta di Renato Marra e la difese anche dopo che il caso finì all'attenzione della stampa».
Nel corso dell'interrogatorio la prima cittadina ha ricostruito le varie fasi del suo rapporto con l'ex capo del Personale. «All'inizio c'era grande fiducia con Marra perché era un grande esperto della macchina amministrativa - ha risposto al procuratore aggiunto Paolo Ielo -. Lo avevo conosciuto durante la campagna elettorale del 2016. Tutto cominciò a cambiare quando iniziarono ad uscire notizie su presunti problemi giudiziari legati ad alcune case. Io dovevo togliere Marra da lì anche se i rapporti con lui erano buoni. I miei consiglieri mi suggerirono di spostarlo e lui non prese bene il fatto che venisse messo a capo delle Risorse Umane».
L'attenzione adesso si sposta all'udienza del 9 novembre quando verrà sentita come teste a prova contraria l'ex capo di gabinetto del Comune, Carla Romana Raineri che con la sua denuncia ha dato l'avvio all'inchiesta.
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Il Messaggero