Per tre o quattro volte hanno accelerato l'auto puntandola a velocità sui bersagli, come birilli nel bowling. D'altra parte l'avvertimento dato dai fratelli...
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Buttafuori investiti al Qube di Roma: si arrendono i due fratelli ricercati e accusati di tentato omicidio aggravato dall'odio razziale
A inchiodare i due fratelli Gabriele di 31 anni e Daniele di 28 - le testimonianze delle vittime e le telecamere di sicurezza puntate sull'ingresso della discoteca. Si vede l'auto arrivare contromano in velocità, che parte e riparte per centrare i buttafuori da «punire», per l'offesa che gli avevano riservato «pur essendo negri». Una decina di persone rimaste terrorizzate, due buttafuori feriti. Il bilancio non è stato ancora più grave solo grazie a chi ha cercato con prontezza di schivare il bolide, una Mercedes Classe B guidata da Gabriele, con a fianco Daniele che lo incitava, aveva scritto il giudice che aveva fatto spiccare per i due indagati l'ordine di cattura. Ordine al quale avevano cercato di sfuggire: i fratelli potevano essere riconosciuti perché già schedati dalla polizia.
I DETTAGLI
Così per qualche settimana si sono nascosti, poi hanno scelto di costituirsi direttamente in Questura. Emblematiche, secondo il gip Annalisa Marzano, le parole urlate prima di proiettare a velocità sostenuta l'auto verso gli uomini della sicurezza: «Sti negri de m..a. Semo italiani, commannamo noi. Annamo a fa quello che dovemo fa», avrebbe incitato Daniele il fratello, «Poi annamo pure a pija pure la pistola». Fortunatamente l'arma non è stata recuperata. I due fratelli si sono limitati a rimettersi in macchina, e sono tornati all'ingresso della discoteca. I Briscese, alla fine, dopo aver travolto in pieno e ripetutamente i buttafuori avevano preferito allontanarsi e abbandonare l'auto. Gli inquirenti hanno raccolto una sfilza di indizi che portavano a loro: il riconoscimento fotografico effettuato dalle vittime, dettagli dell'auto immortalati dal sistema di videosorveglianza, l'intestazione dell'auto alla compagna di Daniele, e dei medicinali trovati sul cruscotto che erano stati prescritti dal medico curante. I due fratelli, assistiti dagli avvocati Marco Lucentini e Giosué Naso, non hanno mai voluto rispondere agli interrogatori, a partire da quelli di garanzia subito dopo l'arresto. «Hanno reiterato tre o quattro volte l'operazione di investimento», aveva specificato il pm Tiziana Cugini nella richiesta di arresto, in base alle informative degli uomini della Squadra Omicidi della Mobile. Dopo la mancata strage, i due fratelli erano fuggiti avendo l'accortezza anche di spegnere i cellulari. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero