Padre Rozzi, il professore gesuita che insegnava a dire tutto in tre righe

Padre Rozzi, il professore gesuita che insegnava a dire tutto in tre righe
Padre Franco Rozzi guadagnò una certa notorietà mediatica alla fine del 2005. In quei giorni Mario Draghi, appena nominato governatore della Banca d'Italia, fu...

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Padre Franco Rozzi guadagnò una certa notorietà mediatica alla fine del 2005. In quei giorni Mario Draghi, appena nominato governatore della Banca d'Italia, fu avvistato tra via degli Astalli e via del Plebiscito e i giornalisti pensarono che fosse diretto a casa dell'allora premier Silvio Berlusconi, ma Draghi spiegò che stava andando alla Chiesa del Gesù per salutare il suo vecchio professore del liceo Massimiliano Massimo, un gesuita, Rozzi appunto. Da allora si scoprì questa figura di religioso, di insegnante e di intellettuale, e si cominciò a parlare - forse con una qualche dose di retorica - del “metodo Rozzi”, testimoniato dai suoi tanti ex alunni famosi, una comunità piuttosto eterogenea che parte dall'attuale presidente della Bce, passa per noti politici, giornalisti, imprenditori, diplomatici e arriva fino a Giancarlo Magalli.


Il metodo Rozzi ora trova una nuova documentazione in un libro, “Gli amici di Padre Rozzi”, che trascrive gli appunti delle sue lezioni di filosofia raccolti da un gruppo di studenti di trenta anni fa. Il volume (che sarà presentato giovedì prossimo all'Istituto Massimo) si rivela un'interessante sintesi della storia del pensiero da Socrate a Nietsche. E sintesi è una parola chiave nell'insegnamento rozziano, perché se c'è una cosa che il gesuita voleva trasmettere ai ragazzi era la disciplina della concisione, che è sorella della precisione; era la cura nel calibrare le parole, nel non dire mai una sillaba più del necessario. I compiti da fare a casa che in genere ordinava per punire una mancanza disciplinare, vere sfide di scrittura come "Aristotele e Cartesio, somiglianze e differenze. Tre righe", erano in fondo una scuola di Twitter con molti decenni di anticipo. 

Rozzi se n'è andato quasi dieci anni fa, e oggi sicuramente sarebbe felice di questo affettuoso omaggio editoriale, che premierebbe con un bel voto secondo il suo enigmatico sistema di valutazione, qualcosa come “barra verticale, due punti a destra”. Ma forse ai suoi studenti prescriverebbe l'esercizio aggiuntivo di riassumere le 250 pagine del libro in tre righe. (Se poi leggesse questo articolo, obietterebbe: ci sono due “forse”, e il forse non esiste!).


pietro.piovani@ilmessaggero.it
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Il Messaggero