Come il boss Michele Greco al maxiprocesso di Palermo Carmine Spada, sul banco degli imputati, racconta se stesso come «uomo di pace». «Non sono un boss. A Ostia...
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GLI AGGUATI
Romoletto allora ha spiegato: «Io il 4 ero andato a fare lavare la macchina Ero al Tamoil e ho visto fermarsi una moto, un gesto mi ha insospettito. La pistola si è inceppata, ho fatto in tempo a buttarmi a terra. Ma non sapevo che fosse per me. Magari volevano sparare ad altri». Il secondo blitz a casa. «Stavo al cancello - ha ammesso - e nella penombra ho visto un uomo con la pistola. Mi sono messo paura, ma non ha sparato però. Né saprei chi fosse. Io sono benvoluto a Ostia. Non ho problemi con nessuno». Romoletto, assistito da Mario Francesco Giraldi e Angelo Staniscia, ha dovuto affrontare punti cruciali. Come i soldi spediti in carcere al boss Fasciani («per rispetto umanitario. Un pezzo di cuore ce l'ho pure io», ha precisato), la sua condanna con l'aggravante mafiosa per il taglieggiamento al tabaccaio («io non c'entro proprio, mi ci hanno fatto ritrovare per caso», la spiegazione), ma anche il rapporto con Baficchio, al secolo Giovanni Galleoni e la sua spalla, Francesco Antonini, Sorcanera, uccisi (per l'accusa su sua indicazione) nel 2011 in pieno giorno in via Forni («Io?»). Nessun legame neanche con le bische. Particolare che l'accusa ha contestato: «Perché allora voleva far sapere a un distributore di videolottery che se non tirava fuori i soldi, soldi nostri,se ce sta qualche magagna gli stacco la testa?».
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Il Messaggero