Colf ucraina uccisa e decapitata, la madre di Oksana chiede giustizia «Era lì per cercare una vita migliore»

Colf ucraina uccisa e decapitata, la madre di Oksana chiede giustizia «Era lì per cercare una vita migliore»
Miti e bionde, pregano e piangono nella piccola chiesa dei Santi Sergio e Bacco degli Ucraini. Una di loro alla fine della messa legge una lettera che arriva da lontano. ...

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Miti e bionde, pregano e piangono nella piccola chiesa dei Santi Sergio e Bacco degli Ucraini. Una di loro alla fine della messa legge una lettera che arriva da lontano.






E’ di Alessandra, la mamma di Oksana Martseniuk, la povera colf ucraina uccisa e decapitata una settimana fa, da Federico Leonelli, nella villa dove lavorava all’Eur. Chiede al governo italiano di proteggere di più quante arrivano qui da noi e si occupano con dedizione delle nostre case e delle nostre famiglie. «Perché mia figlia è morta così? - legge la cugina della vittima, Gianna, sull’altare della chiesa nel cuore del rione Monti - Cari italiani perché avete permesso che le facessero del male? Lei aveva fatto tanto bene il suo lavoro. E’ venuta da voi, in Italia per guadagnare un po’ di soldi, come tante donne ucraine - scrive l’ex insegnante in pensione rimasta ad accudire da sola la nipote Anastasia - che fanno questo lavoro con cura e amore. A tutte auguro di tornare in salute nel nostro paese, per vivere con i figli e la famiglia, come voleva la mia Oksana».



LA FAMIGLIA

«La famiglia chiede giustizia», dice desolata anche Gianna, la cugina che vive a Grotte di Castro ed è venuta alla messa di suffragio, la foto di Oksana elegante e sorridente è ancora sull’altare. A lei non aveva detto nulla di quell’uomo violento che era arrivato in casa, che collezionava coltelli e si allenava a combattere.



UN SOS

«So che aveva informato al telefono il suo datore di lavoro e probabilmente lui ha richiamato Federico Leonelli quella sera. A quel punto, quello lì, potrebbe essersela presa con lei». Amiche e conoscenti fuori alla chiesa di piazza Madonna dei Monti restano a commentare l’accaduto. Qualcuno conosce Giovanni Ciallella, il proprietario della villa in via Birmania, ne parlano tutti bene, come ne parlava Oksana. Era in vacanza e non sapeva di ospitare un assassino in casa sua. «Oksana l’aveva avvertito al telefono di certi comportamenti strani, era spaventata».

La colf era tornata giovedì dall’Ucraina. Il tempo di fiutare il pericolo nell’aria. «Non mi piace, a pelle», diceva di Leonelli. Non solo sms a Ciallella, anche una chiamata. «Ma forse pensava di potersela cavare da sola - ha detto nei giorni scorsi un amica fidata - forse non ha pensato che c’era un pericolo così grande e imminente». Non si spiega altrimenti perché è rimasta sola nella villa. Anche se Leonelli viveva in una zona distaccata, al seminterrato e lei nella residenza principale.



«Ho spento la luce e di corsa sono andata dentro casa», ha scritto in uno degli ultimi sms alle amiche. Che ora vogliono capire cosa è accaduto, pensano che quell’uomo si sia introdotto nella casa, Oksana diceva che si arrampicava sui muri senza guanti e attrezzatura, era impressionata dalla sua agilità. Giustizia ripete Gianna. «Dispiace dover andare a lavorare fuori dal proprio paese, stare lontane dai figli e i proprio cari - sta scritto nella lettera della mamma di Oksana - lo Stato italiano deve proteggerci». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero