Era latitante da un anno Claudio De Witt, narcotrafficante di spicco della criminalità romana, uno dei re dello spaccio di Centocelle (operazione di polizia "Amico...
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Questa volta si era rifugiato in un appartamento di via Diego Angeli, zona Casal Bruciato, sito nel medesimo palazzo riemerso recentemente alle cronache per essere stato il teatro del tentato omicidio di Maurizio Mattiozzi. In particolare le complesse indagini, coordinate dalla Procura di Roma, si sono concentrate sui suoi legami familiari che hanno inevitabilmente stretto il cerchio sulla zona nella quale il latitante avrebbe potuto nascondersi. E infatti tutte le tracce portavano in via Diego Angeli e proprio nella serata di ieri lo stesso è stato visto uscire dal palazzo indicato per salire a bordo di un’auto modello BMW e recarsi in zona Centocelle, una delle piazze di spaccio gestite dal medesimo all’epoca delle indagini relative all’operazione Amico Mio, e successivamente far rientro nei pressi del suo nascondiglio ove è stato bloccato dai poliziotti della Sezione Antidroga e costretto a consegnarsi ancora una volta alla legge.
L’ennesima misura di custodia cautelare in carcere è scaturita in seguito all’indagine “Amico Mio” che ha monitorato il De Witt a capo di un gruppo criminale dedito al traffico di stupefacenti operante nella capitale e che si è conclusa con l’ esecuzione di 6 provvedimenti restrittivi di custodia cautelare in carcere. Le indagini hanno confermato l’operatività del gruppo sul territorio capitolino, con particolare riguardo ai quartieri di Centocelle e Prenestino. L’indagine, complessa e laboriosa, ha interessato il periodo compreso tra giugno 2016 ed il mese di gennaio 2017 ed ha consentito di raccogliere chiari elementi probatori a carico dell’organizzazione criminale. La denominazione “Amico mio”, data all’indagine, trae origine dal modo di salutarsi che lo stesso De Witt aveva con i suoi interlocutori ai quali si rivolgeva eseguendo un fischio caratteristico seguito dalla parola “Amico mio”.
In particolare Claudio De Witt, storico acquirente e rivenditore di cospicue quantità di sostanze stupefacenti, si avvale dei sodali Simone Pizzone e Francesco Zingaro per le consegne ai vari clienti i quali fungono da corrieri occupandosi non solo delle consegne ma altresì della riscossione del provento dell’illecito traffico ed, infine, di custodire le armi. Nel corso dell’indagine era stato tratto in arresto Francesco Zingaro, 36enne romano, colto nella flagranza dell’illecita detenzione di una pistola Tanfoglio cal.9x21 provento di furto e del relativo munizionamento, 1.135 grammi di cocaina e grammi 60 di hashish e vario materiale funzionale allo spaccio di droga e che l’operazione di P.G. si rendeva necessaria poiché dall’attività tecnica di intercettazione ambientale era emerso chiaramente l’intento di Claudio De Witt di voler ricorrere all’uso dell’arma in questione per sparare ad un uomo a causa di un debito di droga non onorato.
De Witt si era anche fatto commissionare la costruzione di un mobile, vera opera di ingegneria in quanto consentiva di occultare stupefacenti ed armi attraverso un sistema di doppifondi e serrature. Inoltre lo stesso non disdegnava di ricorrere alla forza intimidatrice attraverso la minaccia dell’ utilizzo delle armi per riscuotere i crediti dai debitori morosi. De Witt custodiva armi e stupefacenti in diversi punti della zona sud della capitale, sia all’interno delle abitazioni dei suoi sodali, sia all’interno di box non direttamente riconducibili a lui medesimo. Difatti armi e stupefacenti sono stati rinvenuti e sequestrati nel corso dell’indagine con il conseguente arresto dei due fidati collaboratori Zingaro e Pizzone.
Verso la fine di Agosto 2016, è emerso un personaggio, collegato a Claudio De Witt, con caratteristiche diverse da tutte le altre sue “conoscenze”: Aldo Mencarelli. Già dalle prime telefonate era risultato evidente che il loro rapporto era diverso da quello che fino a quel momento De Witt aveva avuto con gli altri soggetti. De Witt e Mencarelli erano ad un livello paritario e non di subordinazione l’uno nei confronti dell’altro in un contesto di gestione della compra-vendita di sostanza stupefacente. Anche Mencarelli si avvaleva di una serie di sodali che impiegava nella vendita dello stupefacente e nella riscossione dei proventi ed utilizzava un linguaggio criptico per impartire agli stessi direttive nella gestione delle compravendite. Difatti Mencarelli nelle comunicazioni telefoniche con il suo braccio destro, Ritecchi Mario, affettuosamente chiamato “Ciccio", utilizzava il termine “ufficio” per indicare l’abitazione dello stesso Mencarelli, il termine “scrivania” per indicare la cassetta delle lettere dove si scambiavano, di volta in volta, ora lo stupefacente, ora il denaro, ed infine il termine “assegno” per indicare lo stupefacente che doveva essere prelevato dalla “banca”, abitazione di Ritecchi Mario. Proprio questo loro modo di comunicare ha portato al sequestro di un ingente quantitativo di droga del tipo cocaina ed eroina, nonché al sequestro di una pistola con matricola abrasa, il tutto rinvenuto nell’abitazione di Ritecchi, appunto “la banca”.
L’attività illecita del sodalizio non aveva risparmiato il quartiere del Tufello, infatti Mencarelli riforniva di eroina il capo piazza di Via Tonale, Piero Bevilacqua.
Il Messaggero