Roma e le mosche bianche

Roma e le mosche bianche
Io la penso come Borges: i giusti stanno salvando il mondo, in silenzio, ogni momento Eleonora Santi A Roma, si sa, quando hai...

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Io la penso come Borges:

i giusti stanno
salvando il mondo,
in silenzio, ogni momento
Eleonora Santi

A Roma, si sa, quando hai un’emergenza la prima cosa che pensi è: chi conosco?

Perché, in una città così complessa e così poco efficiente, anche il minimo problema sembra insormontabile. Si rompe la lavastoviglie o il climatizzatore? Lanci un sos su Facebook per trovare un tecnico “onesto”. Ti accorgi, in ritardo, di avere un documento scaduto? Chiami mezzo mondo cercando un gancio con un impiegato del municipio che possa aiutarti. E’ una cattiva abitudine italiana, particolarmente romana, che tutti a parole critichiamo. Ma poi bisogna trovarcisi nelle situazioni. Soprattutto quando il problema non è la lavatrice che perde, ma un persona cara che sta male. E l’idea di doverla portare in un pronto soccorso di Roma mette i brividi.

La realtà, però, non è sempre malvagia: tendiamo a raccontare e a lamentarci solo di quello che non va e ci dimentichiamo facilmente di quello che funziona e di chi fa bene il proprio lavoro.

Ieri in una pizzeria una donna raccontava che il 4 agosto ha dovuto portare la madre di 84 anni al pronto soccorso Umberto I per problemi di cuore. «Il primario, Maria Gabriella Scarpellini, è andata a lavorare ogni giorno anche quando sarebbe dovuta essere di riposo era lì, senza camice». E quando le hanno chiesto come mai, ha risposto: «Perché sono prima di tutto un medico».

Questa dottoressa Scarpellini è una mosca bianca? No. Roma è piena, nella sanità o tra i vigili del fuoco, tra le forze dell’ordine o tra gli insegnanti, di persone così. Da loro bisogna ripartire: dai giusti, dai buoni. Non buonisti, mi raccomando.

davide.desario@ilmessaggero.it



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