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Il clima di tensione sale alle stelle nel quartiere di Primavalle. Da ieri la Questura ha disposto un servizio di vigilanza fissa sotto l'abitazione di Michelle Causo, la ragazza di 17 anni uccisa, trascinata su un carrello e gettata tra i rifiuti, da un coetaneo il 23 giugno scorso. Qui abitano i genitori e il fratello e vanno protetti. La misura si è resa necessaria dopo che, venerdì sera, la fiaccolata organizzata dagli amici e dai familiari della vittima, per chiedere giustizia, è degenerata in violenza. Nel mirino l'abitazione dell'assassino, un coetaneo di origine cingalese, dove si è consumato il delitto, in via Dusmet.
All'improvviso un gruppo di giovanissimi ha lasciato la fiaccolata, ha prima scaricato la sua rabbia colpendo con calci e pugni delle auto in sosta, quindi ha fatto irruzione nella palazzina, rompendo i sigilli del bilocale sotto sequestro e devastando tutto.
LA SCIENTIFICA
Quaranta le persone compiutamente identificate dai poliziotti con l'ausilio dei colleghi della Scientifica. Gli investigatori ora stanno comparando i loro profili con le immagini girate quasi sul momento (a seguire l'ordine pubblico c'era il commissariato Aurelio), mentre il commando lasciava l'appartamento per dare un effettivo riscontro di chi ha partecipato al raid.
Dal giorno dell'arresto del figlio, la mamma dell'omicida ha lasciato l'appartamento, non si sa dove sia ospitata. «Quella donna - raccontano nel quartiere - ha paura di ritorsioni anche nei suoi confronti e quanto accaduto venerdì non fa che confermare la fondatezza delle sue preoccupazioni».
Il timore degli inquirenti è che il moto di giustizia fai-da-te che è esploso l'altra sera possa innescare altre pericolose scintille o che, addirittura, possa nascondere una faida in corso tra gruppi di giovanissimi che si contendono la supremazia tra i lotti che si affacciano tra via Borgia e via Pietro Maffi.
ESTREMISTI
Michelle era stata trovata morta dentro un carrello della spesa, trascinato vicino ai cassonetti dell'immondizia, con il sangue che ancora gocciolava sull'asfalto. Il coetaneo aveva tentato di occultarne il cadavere goffamente, dopo essersi accanito su di lei con ben 36 coltellate. Ascoltato dal gip ha tentato di giustificare quella ferocia: «Mi ha puntato una pistola in faccia e io mi sono difeso». Ma allora perché non chiamare i soccorsi dopo? Il magistrato non gli ha creduto. In via Dusmet una pistola, giocattolo, c'era. Ma che cosa abbia provocato tanta efferatezza è ancora da chiarire esattamente. Intanto, la caccia ai violenti prosegue. C'è chi punta l'indice su gruppi vicini all'estrema destra. Ma, al momento, non ci sono riscontri.Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero