Saranno le firme «apocrife» il punto principale su cui l'ex sindaco di Roma Ignazio Marino baserà la sua difesa. E' la prima valutazione che emerge dal confronto col...
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E infatti il sindaco ha spiegato a chi gli è rimasto accanto e quindi al suo legale di non essersi mai occupato della procedura per giustificare le spese di rappresentanza pagate con la carta di credito del Comune. Tutto il sistema sarebbe stato organizzato dal capo di gabinetto, Luigi Fucito, e l'ex sindaco avrebbe delegato completamente all'apparato tecnico e, in particolare, alle segretarie. Nulla avrebbe saputo neppure quando lo stesso Fucito, fedelissimo che l'ha seguito dal Senato al Campidoglio, ha cambiato il meccanismo imponendo la firma del sindaco sugli atti relativi alle spese. Anzi, stando sempre a quel che dice Marino, lui stesso non sapeva che fine facessero le ricevute. Ovviamente, questa nuova spiegazione dello scontrino-gate ha fatto infuriare lo staff e il gabinetto del quasi ex sindaco: sulla base delle sue accuse gli stessi che lavoravano con lui notte e giorno potrebbero ora finire indagati per falso ideologico.
LA PROCURA
Anche a prescindere dalle tensioni che è destinata a suscitare, non è detto che questa spiegazione basti a convincere il procuratore aggiunto Francesco Caporale e Roberto Felici, il pm titolare del fascicolo (per ora senza indagati né reato, anche se l'ipotesi a cui si lavora è quella del peculato): il possibile punto debole di questa linea è che probabilmente il regolamento interno non esonerava Marino dallo stornare personalmente le spese private, certo non presenti nell'agenda istituzionale. Il professor Musco (noto per i suoi studi in Diritto penale oltre che avvocato) oggi incontrerà Marino per capire cosa esattamente prevedesse la procedura. Quindi i due valuteranno se inviare agli inquirenti una memoria scritta. Giovedì, alla richiesta di fissare un incontro, la procura aveva risposto che prima di ascoltare la difesa vuole proseguire con le indagini. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero