Mafia Capitale, ressa per il dopo Marino Tutti si candidano, ma senza elezioni

Mafia Capitale, ressa per il dopo Marino Tutti si candidano, ma senza elezioni
Adesso ci sono anche i generali all’assalto del Campidoglio. L’ultimo pretendente si chiama Domenico Rossi, già altissimo graduato di Corpo d’armata dell’esercito,...

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Adesso ci sono anche i generali all’assalto del Campidoglio. L’ultimo pretendente si chiama Domenico Rossi, già altissimo graduato di Corpo d’armata dell’esercito, attuale sottosegretario alla difesa. Bene, per i Popolari per l’Italia, micro partito fondato dall’ex ministro Mario Mauro dopo il big bang di Scelta civica, è lui «la persona in grado di assicurare moralità, legalità, efficienza e sicurezza a Roma». Scoperchiata la cupola di Mafia Capitale, ora bolle un altro pentolone: quello del toto-sindaco.




E così, anche se ufficialmente un sindaco c’è, e non ha la minima intenzione di sloggiare, se non per ricandidarsi, continuano a prolifere gli aspiranti, i pronti a, quelli che si riscaldano a bordo campo con il rischio di arrivare poi allo schioppo della corsa un po’ spompati.



La lista delle figurine è lunga. A partire dal titolare. Il commissario del Pd Matteo Orfini ha già detto chiaro e tondo che «qualora si ritornasse a votare il nostro candidato sarebbe ancora Ignazio Marino». Con l’appoggio di Sel, ovvio, viste anche le affettuosità che oggi Vendola ha riservato al «nostro marziano».



Se il fronte sinistro appare più che coperto - salvo, certo, l’incognita Renzi pronto a calare un asso nel caso precipitasse tutto - a destra è già ressa.



Allora Giorgia Meloni, alla voce «se me lo chiedono non mi tiro indietro», quindi «eccomi, ci sono», ha in mente un cartello con la Lega. Fratelli d’Italia più gli uomini di Salvini e un programma chiaro a base di basta: basta euro, basta rom, basta immigrati, basta illegalità.



Poi ecco Alfio Marchini, che ha già detto di essere della partita. Il candidato civico, che del gentismo trasversale ha fatto una spilletta da appendersi al petto, piace anche ai partiti. E in più in televisione buca. Sicché è di ieri l’endorsement di Fabrizio Cicchitto: «Alfio è il candidato sindaco anche di Ncd, nel nome del riformismo». Un pensierino sopra ce lo sta facendo anche Berlusconi. E siamo già a quattro candidati.



Senza nulla togliere al M5S, a dir poco ringalluzzito dall’inchiesta sui fasciocomunisti Carminati & Buzzi. «La dimostrazione del consociativismo di Roma, la riprova che noi siamo diversi», va urlando da giorni Alessandro Di Battista. Ecco, Dibba, romano e piacione, nuovo graduato del direttorio di Grillo, potrebbe essere veramente l’Armageddon dei pentastellati per salire sul Marc’Aurelio. Certo, dovrebbe dimettersi da parlamentare. E poi sottoporsi alla votazione «da’ rete». «Non ci penso proprio», ha respinto le avances il parlamentare grillino, ma mai dire mai.



E siamo a cinque candidati per un’elezione che al momento non c’è. Perché per ritornare alle urne dovrebbe accadere una di queste due cose: lo scioglimento per mafia del Comune, sogno un po' proibito dei grillini, o le dimissioni di Marino, idea cullata da tutto il centrodestra e da qualche big del Pd. Nel frattempo meglio prenotare un posto per la prossima corsa. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero