Omicidio Vannini, il figlio di Ciontoli al processo: «Mio padre mi parlò di uno scherzo, lui era indeciso così chiamai il 118»

Vannini, i genitori in Tribunale
Omicidio Vannini. Via al processo bis. «Mio padre diceva che Marco si era spaventato per uno scherzo, e io gli credetti perché non c'era nessuna ragione per non...

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Omicidio Vannini. Via al processo bis. «Mio padre diceva che Marco si era spaventato per uno scherzo, e io gli credetti perché non c'era nessuna ragione per non farlo. Non c'era niente che mi spinse a non credere in quello che mio padre chiamò colpo d'aria, del cui significato non mi interessai più di tanto essendo stato solo uno scherzo». Lo afferma in una dichiarazione spontanea Federico Ciontoli, figlio di Antonio, e imputato nel processo bis d'appello per la morte di Marco Vannini.  Vista l'indecisione del padre di sua iniziativa «presi il telefono, uscii dalla stanza e chiamai il 118».

«Sono qui non per paura di essere condannato, ma perché la verità è quello che ho sempre raccontato. Per anni sono sceso per strada con la certezza che qualche giornalista mi sbarrasse la strada, mi pedinasse o bloccasse la portiera dell'auto per non farmi partire e forzatamente cercasse di estorcere un'intervista, come ormai avveniva abitualmente». «Ma questo non era niente - ha aggiunto Federico Ciontoli - rispetto al fatto che per tre interminabili anni sono uscito ogni giorno da casa per andare a lavorare e ho camminato perseguitato dall'immagine di qualcuno che potesse venire e spararmi alla testa spinto da quello che si diceva su di me in televisione». «Non che questo non possa avvenire oggi, o che io non lo pensi più oggi, ma oggi ho paura, ho più paura perché ho raggiunto una certezza che rimarrebbe anche se io non esistessi più. Anche se quello che veniamo a sapere, che vediamo, che sentiamo spesso non è la verità, ma una costruzione di fronte alla verità ogni costruzione crolla», ha concluso.

Caso Vannini, la chiave è la Giorgini


«Ci aspettiamo giustizia e verità per Marco», ha detto la madre Marina Conte arrivando, assieme al marito Valerio, in Corte d'Appello a Roma dove inizia il procedimento di secondo grado per l'omicidio di Marco Vannini, ucciso il 17 maggio 2015 dallo sparo della pistola di Antonio Ciontoli, padre della sua fidanza, mentre era nella loro abitazione a Ladispoli. Il 7 febbraio scorso la Corte di Cassazione hanno accolto la richiesta delle parti civili e del sostituto procuratore generale disponendo un nuovo processo per il riconoscimento dell'omicidio volontario con dolo eventuale per la morte del 20enne.

Marco Vannini, al tribunale di Roma processo bis: «Chiediamo giustizia»

Nel gennaio del 2019, il primo processo d'Appello, si era concluso con la riduzione da 14 a 5 anni di reclusione Ciontoli nei confronti dei quali l'accusa era stata riqualificata da omicidio volontario a colposo. Confermate le altre condanne a tre anni di reclusione per i due figli di Ciontoli, Martina e Federico, e per la moglie Maria Pezzillo. Nel processo bis i giudici di piazzale Clodio dovranno rivalutare le posizioni di tutti e quattro gli imputati.

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Il Messaggero