La doccia fredda per Massimo Bagatti, amministratore unico pro tempore di Ama, è arrivata con una lettera di Colari, la società della galassia Cerroni proprietaria...
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Per non fermarci solo a guardare i cassonetti circondati dai sacchetti di spazzatura non raccolti e cercare di comprendere il quadro d’insieme, è utile ricordare i numeri: Roma in un anno produce circola 900 mila tonnellate di rifiuti indifferenziati. Per essere smaltiti in discarica o negli inceneritori devono obbligatoriamente passare negli impianti di trattamento. Bene, 415 mila tonnellate vanno proprio nei due Tmb di Malagrotta, in termini giornalieri circa 1.250 tonnellate. Il resto è distribuito tra l’unico Tmb superstite di Ama (che sta andando a mezzo servizio in queste ore) a Rocca Cencia, con circa 200 mila tonnellate all’anno, e in altri impianti della provincia di Frosinone, Latina, Viterbo e in Abruzzo. Non serve un esperto per comprendere che se manca, in un equilibrio molto delicato, il contributo dei due impianti di trattamento di Malagrotta dove passa quasi il 50 per cento dei rifiuti indifferenziati romani, il disastro è assicurato. Va anche ricordato che il 3 aprile scade il contratto tra Ama e Colari, in queste ore però è stato trovato, in extremis, un nuovo accordo. Ma come si farà se ad aprile gli impianti si fermeranno? Si dovrà ricorrere oltre che al tritovagliatore di Ostia di proprietà di Ama (già contestato dalla popolazione) anche a quello di Rocca Cencia privato (proprietà Cerroni, ma affittato a Porcarelli). Potrebbe non bastare.
Sul fronte del rogo di domenica, intanto, la sindaca Virginia Raggi ha scritto un post su Facebook per ricordare: avevo avvertito la Prefettura che serviva maggiore vigilanza. «Già il 9 ottobre 2018, ben prima dell’incendio al Salario, abbiamo inviato una nota in Prefettura segnalando che, sia i Tmb (Salario e Rocca Cencia) sia gli impianti di autodemolizione, dovevano essere monitorati per rischio incendi. Dopo il grave incendio del Salario, abbiamo inviato immediatamente al ministro dell’Ambiente Sergio Costa una lettera per chiedere, attraverso il coinvolgimento anche dei ministeri dell’Interno e della Difesa, una maggiore sorveglianza». Al ministero dell’Ambiente non nascondono sorpresa (ma forse sarebbe più giusto chiamarla irritazione) per questo post della Raggi poiché non è Costa a dovere vigilare sugli impianti. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero