Sequestro Moro, spunta la pista della 'ndrangheta: una foto del Messaggero svela l'uomo con la sigaretta

Sequestro Moro, spunta la pista della 'ndrangheta: una foto del Messaggero svela l'uomo con la sigaretta
ROMA - L'uomo con la sigaretta, nella foto in bianconero destinata a incorniciare la tragedia di via Fani, rilegge la storia e riaccende un dubbio: quale ruolo hanno avuto la...

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ROMA - L'uomo con la sigaretta, nella foto in bianconero destinata a incorniciare la tragedia di via Fani, rilegge la storia e riaccende un dubbio: quale ruolo hanno avuto la 'ndrangheta e i servizi segreti deviati nel sequestro e omicidio di Aldo Moro? L'immagine risale al 16 marzo 1978, ritrae la Fiat 130 del presidente della Dc, l'Alfa Romeo della scorta, i corpi dei carabinieri uccisi dai brigatisti rossi, i curiosi e, in alto a destra, l'uomo con la sigaretta e la sua aria di falsa indifferenza. A 38 anni da quello scatto firmato dal reporter Gherardo Nucci, la commissione parlamentare, presieduta da Giuseppe Fioroni, cerca di dare un profilo all'uomo misterioso comparandolo con la faccia di Antonio Nirta, calabrese, esponente della 'ndrangheta, confidente del generale Francesco Delfino, già implicato nelle stragi di terrorismo, già raccontato vicino ai servizi segreti deviati. E senza alzare i toni, la commissione si chiede: perché l'uomo con la sigaretta era sul luogo della strage e chi l'aveva mandato?


 

L'OMICIDIO PECORELLI
La foto arriva dall'archivio della Procura di Perugia, dopo essere transitata in quello del Messaggero. Nella città dei baci, l'immagine arriva quando il pool dei magistrati, coordinati dall'allora sostituto procuratore Fausto Cardella, cerca di dare un autore (venne indagato e assolto Carminati) e un mandante (venne indagato e assolto Andreotti) all'omicidio di Mino Pecorelli, giornalista a conoscenza, come Moro, di tanti segreti italiani. Anche per Pecorelli si segue per un po' la pista dei calabresi. E così si arriva all'interrogatorio di Ubaldo Lauro, collaboratore di giustizia. Lauro non porta acqua al giallo Pecorelli, ma parla tanto di Nirta. Dice: «...a dire del Palamara, Antonio Nirta era un infame e confidente del Generale Delfino». E aggiunge: «Nirta e i De Stefano erano infami, tragediatori e legati ai Servizi Segreti dice Pasquale Condello...E Pasquale Condello dice realtà».

L'ipotesi di Nirta coinvolto nel rapimento di Aldo Moro e addirittura infiltrato nelle Brigate rosse era circolata negli anni '90, quando nell'ambito del processo “Moro quater”, il pm Antonio Marini interrogò il pentito di 'ndrangheta Saverio Morabito circa quello che l'organizzazione criminale calabrese aveva saputo sul delitto. E Morabito confermò a modo suo, annuendo e spiegando: «Nirta fu fisicamente presente al rapimento Moro». Ora parla la foto.
Immagine travagliata, con dentro altri misteri. Al tempo fu lo stesso Nucci a presentarsi in procura a Roma per consegnare tutto al pm che coordinava le indagini del sequestro Moro, Luciano Infelisi.

IL DETTAGLIO RIVELATORE

Ma la contraddizione è in agguato: alla commissione di Fioroni, Infelisi ora racconta che gli scatti non avevano particolare importanza. Ma un cronista dell'Unità dell'epoca spiega il contrario con un dettaglio: aver notato nelle stanze della questura delle gigantografie di quelle stesse foto appese, con i volti dei personaggi sullo sfondo cerchiati in rosso, anche se negli archivi non ce n'è traccia. Un cerchio rosso avrebbe indicato proprio Antonio Nirta. Già allora, quindi, correva il sospetto. E ancora. Il primo maggio del 1978, Benito Cazora, deputato Dc vicino alla famiglia Moro disse al telefono: «Dalla Calabria mi hanno chiamato per informarmi che in una foto presa sul posto quella mattina, si individua un personaggio a loro noto». A chi si riferisce Cazora? Sicuramente alla 'ndrangheta e probabilmente a un loro affiliato. Il doppiogiochista Antonio Nirta, detto Toni “Due Nasi”. Chissà perché. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero