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Un banale diverbio tra motociclisti si trasforma in una vicenda giudiziaria lunga sette anni: si susseguono tre distinti processi in cui imputato e parte civile si alternano e, infine, finiscono sul banco degli imputati i testimoni di uno dei due procedimenti, con l’accusa falsa testimonianza.
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Partiamo dall’elemento scatenante. Tutto inizia alle sette di mattina del 13 ottobre 2016, a Roma, nei pressi dell’università La Sapienza, nello specifico in via dell’Università, di fronte alla facoltà di Fisica. Francesco Ceccherini, 50 anni – che ha raccontato la vicenda in aula come testimone nel processo per falsa testimonianza -, è in motorino e sta andando a fare una visita al Policlinico Umberto I. Mette la freccia a destra per parcheggiare e, nello stesso tempo, Matteo Campanelli, 30 anni circa all’epoca dei fatti, lo supera a destra impedendogli la manovra. Nessuno dei due finisce a terra: si sfiorano soltanto.
LA DISCUSSIONE
Inizia una discussione animata che finisce con l’aggressione a calci e pugni di Campanelli nei confronti di Ceccherini che, data la violenza dei colpi sferrati, non riesce a difendersi e finisce a terra.
Inizia così l’iter giudiziario che vede i due coinvolti in processi paralleli, una volta uno imputato e l’altro parte civile e viceversa. La giustizia dà ragione a Ceccherini, assolvendolo in un caso e condannando il trentenne nell’altro. Ed è in uno dei due procedimenti che compaiono gli attuali imputati, presunti testimoni della lite da parte di Campanelli, quando quest’ultimo è parte civile e l’altro imputato. Si tratta di Luca Moriondo e Francis Prchal, i quali affermano di aver assistito a tutta la vicenda.
I TESTIMONI
I due vengono denunciati dal Tribunale per falsa testimonianza e sono ora a processo. Il signor Ceccherini, questa volta nelle vesti di testimone, ha raccontato che non c’era nessun passante al momento dell’aggressione. Insospettito dall’improvvisa apparizione dei due in udienza, ha fatto dei controlli su Facebook e ha constatato che i due erano conoscenti del padre di Campanelli. Altro testimone ascoltato in udienza, uno dei due poliziotti in borghese: ha confermato la versione di Ceccherini e ha sottolineato che non ci fosse nessuno nei paraggi neanche dopo che l’uomo si era allontanato per recarsi in ospedale.
Ulteriore conferma arriva dalle analisi delle celle telefoniche agganciate dai telefoni due imputati in quel giorno del 2016. Secondo l’analisi tecnica infatti nessuno dei telefoni avrebbe agganciato celle riconducibili al luogo in cui è avvenuta l’aggressione.
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Il Messaggero