Roma, il racket dall'Appio al litorale in mano a clan e Movimenti

Roma, il racket dall'Appio al litorale in mano a clan e Movimenti
L'ultimo caso accertato emerge dagli atti dell'inchiesta che due settimane fa ha portato in carcere 33 tra boss e affiliati del clan Casamonica. Ma il racket degli alloggi...

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L'ultimo caso accertato emerge dagli atti dell'inchiesta che due settimane fa ha portato in carcere 33 tra boss e affiliati del clan Casamonica. Ma il racket degli alloggi popolari a Roma non riguarda solo la famiglia di origine sinti: a Ostia sono gli Spada a gestire il business, mentre a piazzale Clodio decine di inchieste riguardano gli attivisti dei movimenti per la casa che chiedono il pizzo a famiglie e migranti.


Ci sono anche le denunce delle vittime ignorate, come quella contro come Giuseppe Casamonica, che gestiva il racket degli alloggi ed è riuscito a sfuggire varie volte alla giustizia. Prima con la prescrizione dei reati, poi con il periodo trascorso in una comunità di recupero anziché in carcere, nel 2017. E, all'inizio, con una denuncia mai approdata in procura sull'occupazione di un alloggio.

IL VERBALE DIMENTICATO
Era giugno del 2007 quando Ernesto Sanità si presentava al commissariato Sant'Ippolito per denunciare il racket delle case occupate gestito dal clan. Raccontava a verbale di essere stato avvicinato da Giuseppe Casamonica durante il funerale del figlio adottivo, che aveva debiti con la famiglia sinti. Il boss sosteneva che l'alloggio di via dell'Acqua Marcia, a Pietralata, nel quale Sanità aveva la residenza, gli spettasse di diritto, visto che il ragazzo gli doveva circa 300mila euro. «Mi diceva che la casa era ormai di sua proprietà, perché mio figlio defunto aveva fatto dei grossi debiti con lui e quindi, visto che non avrebbe più ricevuto i soldi, si sentiva in diritto di impossessarsi dell'appartamento», si legge nella denuncia. Poco tempo dopo, la serratura veniva cambiata. E quando Sanità si presentava da Casamonica per chiedere spiegazioni, lui lo minacciava di buttarlo dalla finestra. Oggi, la vittima è tra le parti lese della maxi inchiesta sul clan che, con metodi mafiosi, gestiva lo spaccio, le estorsioni e l'usura, controllando ogni centimetro del quadrante Appio Tuscolano. La denuncia come emerge dagli atti del pm Giovanni Musarò, non è mai stata trasmessa in Procura. Una circostanza che il pm nell'ordinanza definisce «anomala».

OSTIA
A distanza di più di 10 anni, le cose non sono cambiate: i Casamonica continuano a gestire il racket delle case popolari. E non sono i soli. A Ostia sono gli Spada a controllare il business. Per questo a ottobre scorso sono stati condannati in sette. Ottenevano gli alloggi con minacce e pressioni, con l'intimidazione del metodo mafioso. «Se non lasci la casa esci coi piedi all'infuori», dicevano ai legittimi occupanti prima di cambiare la serratura. «Me fanno le ronde sotto casa. Come i tedeschi passano», piangeva al telefono una vittima del racket degli sfratti, Tamara Ianni. Quelle conversazioni sono finite agli atti del processo già costato a Massimiliano Spada una condanna a 13 anni e 8 mesi e pene pesanti per altri sette componenti della famiglia. Ma sul racket, gestito dal clan che per anni ha tenuto sotto scacco il litorale, è in corso anche un'altra indagine della Dda.

LE INDAGINI SUI COMITATI

A Roma il racket non riguarda solo le case popolari, ma anche le occupazioni dei palazzi da parte di attivisti e movimenti che chiedono il pizzo a famiglie e migranti. A piazzale Clodio le inchieste sono decine. Come quella sulla palazzina di via Curtatone sgomberata l'estate scorsa e trasformata in una specie di bed and breakfast abusivo. C'è poi il processo a carico di Pina Vitale, leader del Comitato Popolare di Lotta per la Casa, accusata di estorsione in concorso con altre persone. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero