Ha chiesto e ottenuto di essere giudicato con rito abbreviato l'ex sindaco di Roma, Ignazio Marino. E il caso ha voluto che proprio oggi, a poche ore dalla vittoria elettorale...
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L'abbreviato chiesto dai difensori di Marino, che era presente oggi in aula, è subordinato alla acquisizione di una perizia grafologica e una nota del suo ex capo di gabinetto in cui spiegava cosa si intendesse per spese di rappresentanza.
A sancire il suo addio al Campidoglio fu, il 30 ottobre scorso, lo scandalo delle spese effettuate con la carta di credito del Comune di Roma per cene in ristoranti a Roma e in altre città d'Italia. Il Procuratore Giuseppe Pignatone e il sostituto Roberto Felici contestano a Marino il peculato e il falso per essersi, nel periodo 2013-2015, appropriato «ripetutamente - si legge nel capo di imputazione - della dotazione finanziaria dell'ente» utilizzando la carta di credito a lui concessa in dotazione dal Campidoglio per «acquistare servizi di ristorazione nell'interesse suo, dei suoi congiunti e di altre persone non identificate».
In totale è di circa 13 mila euro la spesa effettuata, tra il 2013 e il 2015, da Marino con la carta di credito intestata al Comune per 56 cene. Cene, si legge negli atti della Procura, «consumate presso ristoranti della capitale e anche di altre città (Genova, Firenze, Torino) ove si era recato, generalmente nei giorni festivi e prefestivi, con commensali di sua elezione, comunque al di fuori della funzione di rappresentanza dell'ente, e cagionava in tal modo un ammanco finale di 12.716 euro».
Nella vicenda della Onlus, creata nel 2005 e che aveva come obiettivo quello di fornire aiuti sanitari in Sudamerica e Africa, Marino è indagato assieme ad altre tre persone, Rosa Garofalo, Carlo Pignatelli e Federico Serra, per aver predisposto, tra il 2012 ed il 2014, la certificazione di compensi riferiti a prestazioni fornite da collaboratori fittizi o soggetti inesistenti.
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Il Messaggero