Roma, all'ombra del Cupolone tra stracci, topi e cartoni

Lo chiamano il «sorciaio». Descriverne l'odore è difficile, inimmaginabile pensare che sotto quelle coperte agitate da passi veloci di roditori possano...

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Lo chiamano il «sorciaio». Descriverne l'odore è difficile, inimmaginabile pensare che sotto quelle coperte agitate da passi veloci di roditori possano dormire persone. La maestosità di via della Conciliazione, così come la speranza che dovrebbe ispirare, qui non arrivano. La dittatura feroce dell'indifferenza rende invisibile nella mappa di Roma quest'angolo di vite perse: alla fine di ponte Vittorio Emanuele II, all'angolo con lungotevere Vaticano c'è un giardinetto nascosto sotto le fronde di un albero trasformato in una favela. Passano le auto, i turisti, i pellegrini, gli sguardi distratti puntano alla Cupola. Nella mappa delle oltre 260 favelas di Roma non è neanche segnalato. Nel giaciglio all'ombra di San Pietro dormono sopratutto polacchi: un pasto caldo glielo portano i volontari della Croce Rossa, quelli del comitato 13 e 14. Le sirene delle forze dell'ordine accompagnano la notte a Borgo, macchie di colore sotto il colonnato di via della Conciliazione ricordano che anche lì c'è vita. Appena fa buio i gradini dei negozi si trasformano in letti.


IL PIZZO DEI DISPERATI
Continuano a riecheggiare le parole declamate al ritmo dei rosari, ma per loro non c'è misericordia. Eppure sono lì, hanno scelto la frontiera con lo Stato Vaticano illudendosi di ispirare compassione: sono lì da molto, tanto che tra i disperati è scattato il pizzo per ottenere un posto. Solo pochi euro, ma si paga. Sono un centinaio nella zona, originari soprattutto dell'Europa dell'Est, polacchi. Sulla piazza romeni, ghanesi, ma ci sono anche italiani. A Lea (così la chiameremo) fanno male le gambe, non riesce ad alzarsi, un vicino invisibile le porta la pasta e il tè caldo offerti dalla Croce Rossa. «Sono seduta qui da cinque giorni, sono siciliana, quando mia figlia si è sposata mi hanno cacciata di casa». Non ricorda da quanto tempo vive in strada.

FAGOTTI SENZA VOLTO
A piazza della Città Leonina c'è un negozio che la notte consente agli invisibili di rifugiarsi sotto i suoi ombrelloni. Girato l'angolo, in via del Mascherino, c'è quel fagotto che tutti conoscono nel quartiere. Ieri dal bozzolo è uscito un volto di donna, bellissimo: lei è olandese. L'ambulanza della Croce Rossa attira vite perse come fosse miele per api affamate. Fanno la fila, scambiano qualche parola, mangiano. Corrono voci sulle regole della strada: le donne devono trovare chi le protegge, stra per forza con un uomo, altrimenti vengono stuprate.
LA FRONTIERA
Barba bianca lunga, mani venose, coperto da un cappellone, osserva la nascita di una favela incastrata nel colonnato del Bernini: è alta oltre un metro e mezzo, ci dormiranno una coppia di giovani. In via della Conciliazione le transenne, quelle delle occasioni speciali per contenere i pellegrini, si trasformano in pareti di casupole senza un tetto. Carlo Sapora, farmacista a Boccea, 58 anni, da cinque fa il volontario della Croce Rossa: «Ci vuole tanto per conquistare la loro fiducia, un attimo per perderla». Venerdì sera con lui c'era anche un sedicenne (con autorizzazione dei genitori): era la sua prima notte, ha deciso di diventare volontario dopo il terremoto ad Amatrice.

Al sorciaio intanto si dorme. Vigilano sugli invisibili soltanto le Vittorie alate del ponte: cingono con ottimismo catene spezzate. In attesa della liberazione dall'indifferenza.
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Il Messaggero