Coronavirus, Roma, al lavoro da casa per i dipendenti comunali, il nodo controlli: «Per autocertificare la presenza basta una mail o un messaggio»

Coronavirus, Roma, al lavoro da casa per i dipendenti comunali, il nodo controlli: «Per autocertificare la presenza basta una mail o un messaggio»
Le ferie no. I sindacati dei dipendenti capitolini si sono subito detti contrari, anche in questi giorni di emergenza virus: gli uffici non indispensabili vanno smobilitati, per...

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Le ferie no. I sindacati dei dipendenti capitolini si sono subito detti contrari, anche in questi giorni di emergenza virus: gli uffici non indispensabili vanno smobilitati, per aiutare a contenere il contagio? Bene, ma l’amministrazione non spinga i travet a smaltire i giorni di vacanza arretrati, accumulati negli anni passati. Una reazione che di fatto ha costretto il Campidoglio ad accelerare sul telelavoro, anche se i progetti di smart working, di cui a Palazzo Senatorio si parla da 2 anni, erano tutt’altro che pronti. Risultato: per rispettare comunque le direttive nazionali che prevedono di sospendere qualsiasi attività che non sia giudicata fondamentale durante la crisi, il Comune ha dovuto mandare a casa, in modalità «lavoro agile», migliaia di dipendenti.


Andando in «deroga» ai progetti (tradotto: senza un piano vero e proprio) e spedendo agli addetti circolari piuttosto lasche per rendicontare le giornate di servizio. Per dire, ai dipendenti di alcuni uffici ieri è stata mandata una direttiva nella quale si spiega che per attestare la presenza in servizio basterà inviare, a inizio turno, «una e-mail di conferma all’ufficio del personale» e fare al contempo una chiamata al superiore. «Ma alcuni di noi mandano solo un messaggino di Whatsapp, ci hanno detto che non è necessario chiamare ogni volta», racconta un’addetta comunale. Ultimo adempimento è spedire una seconda email al termine dell’orario d’ufficio per dire: io stacco.

Nella circolare non si parla di controlli sul rendimento effettivo di queste giornate, pagate come quelle in ufficio, fatto salvo un modulo che i “capitolini” dovranno compilare una volta la settimana per dire quanto sono riusciti a sbrigare da casa. Ma senza obiettivi, vincoli e soglie da raggiungere. La «verifica della prestazione» è fai-da-te.

Per fissare criteri più stringenti, sarebbe stato necessario avere pronto lo smart working: l’assessorato al Personale ha consegnato ai sindacati una bozza di regolamento sul “lavoro agile” quasi due anni fa, era il giugno 2018. Poi come capita spesso in tante trattative, le parti non ne sono venute a capo, tra rimandi e discussioni. Ora, in piena emergenza coronavirus, col pressing del Ministero della Funzione pubblica, il direttore delle Risorse Umane, Angelo Ottavianelli, ha dovuto allestire in tutta fretta un piano per mandare a casa più dipendenti possibile, per evitare di intasare gli uffici e ridurre gli spostamenti in città. Su 11mila dipendenti amministrativi, in 7mila hanno iniziato a sperimentare il tele-lavoro. I vigili, in gran parte, devono restare in servizio, almeno quelli operativi, mentre le 6mila maestre di asili e nidi sono state congedate da quando hanno chiuso le scuole. 


Delle ferie si è detto: nonostante gli inviti della giunta a smaltire almeno quelle arretrate (non quelle dell’anno corrente), come sta avvenendo in tante aziende, tra i comunali molti non hanno accettato. Spingendo per lavorare da casa. Anche solo a mandare qualche mail.  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero