Comunali, si cambia con il test telelavoro: «Da casa più produttivi»

Comunali, si cambia con il test telelavoro: «Da casa più produttivi»
Archivisti, dipendenti dei call center, impiegati delle banche dati, ma anche giornalisti dell'ufficio stampa comunale, funzionari che si occupano degli adempimenti fiscali e...

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Archivisti, dipendenti dei call center, impiegati delle banche dati, ma anche giornalisti dell'ufficio stampa comunale, funzionari che si occupano degli adempimenti fiscali e della previdenza, impiegati che devono sbobinare i verbali di riunioni e commissioni. Tutti a casa. Nel senso che in Campidoglio sta per scattare il telelavoro: chi vorrà, tra i dipendenti comunali, potrà evitare di passare il turno in ufficio, sbrigando le pratiche comodamente alla scrivania in salotto o addirittura in camera da letto. Migliorerà il «benessere» dei dipendenti, dice il Campidoglio, soprattutto, si spera, dovrebbe migliorare la produttività dei lavoratori pubblici. Perché se tramonta il mito del cartellino, accessorio imprescindibile per l'impiegato vecchio stampo, chi chiederà il telelavoro sarà valutato per i risultati portati a casa. Anzi, da casa. Si baderà al sodo, insomma.


LA PLATEA
La riforma dovrebbe riguardare, almeno nella prima fase, circa 500 comunali su 24 mila. La bozza del Regolamento per la disciplina dell'istituto del telelavoro per il personale di Roma Capitale è stata consegnata ai sindacati pochi giorni fa e dovrebbe essere votata in giunta nelle prossime settimane, con l'obiettivo di far debuttare il nuovo sistema per l'inizio del 2019. Alle corporazioni comunali, solitamente bellicose, l'idea non dispiace, anzi. Con la giunta di Virginia Raggi sembra esserci sintonia. «Il telelavoro è un punto di incontro tra due esigenze, porterà beneficio ai lavoratori ma anche all'amministrazione e quindi ai cittadini, perché permetterà di aumentare la produttività dei dipendenti», dice Giancarlo Cosentino, segretario della Fp Cisl di Roma.

«MIGLIORE VITA SOCIALE»
Il testo del provvedimento che sta circolando lo dice espressamente: si punta a «ottimizzare la produttività del lavoro» (e quindi a potenziare i servizi), ma anche a offrire ai comunali una «migliore conciliazione dei tempi lavorativi con quelli della vita sociale e di relazione», a cui l'amministrazione evidentemente mostra di tenere. Il Campidoglio è anche convinto che il telelavoro possa offrire «un contributo significativo alla riduzione del traffico legato al pendolarismo».
Si vedrà. Certo è che lo strumento del telelavoro nel privato e in tante multinazionali sembra dare buoni frutti, così dicono in Confindustria, ora tocca capire se i risultati saranno gli stessi in un ente pubblico elefantiaco come il Comune di Roma. L'idea di trapiantare lo smart working a Palazzo Senatorio in realtà non è nuova. Ne parlò l'ex sindaco Ignazio Marino nel 2015, poco prima di essere silurato dalla sua stessa maggioranza. Ora i grillini sperano di portare a dama l'operazione, in asse con i sindacati.

BOLLETTE PAGATE

A pagare computer e telefoni sarà l'amministrazione, che si farà carico anche delle bollette, internet compreso: è previsto un forfait di 12 euro al mese. «I beni sono concessi in comodato d'uso gratuito per tutta la durata del progetto», si legge nella bozza del regolamento. Per monitorare la presenza del lavoratore davanti al computer di casa, il Comune «assicura l'identificazione del dipendente mediante modalità e tecnologie adeguate», che devono ancora essere studiate. Sono previsti due controlli a distanza al giorno, in orari prefissati. Ma più che la presenza, quel che conta, si è detto, sono i risultati. «Il telelavoratore ha l'obbligo di ottemperare all'assolvimento dei compiti assegnati» dal superiore, si legge nel regolamento, perché l'obiettivo finale è «concorrere alla migliore efficienza dei processi lavorativi». Uno scotto, per lavorare da casa, c'è: niente buoni pasto. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero