La chiesa pagata con il pane fresco

La chiesa pagata con il pane fresco
Dall'XI secolo, vi esisteva già una chiesa: rifatta nel 1556, a spese della duchessa di Tagliacozzo, quando l'area viene donata a san Francesco Borgia, generale dei...

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Dall'XI secolo, vi esisteva già una chiesa: rifatta nel 1556, a spese della duchessa di Tagliacozzo, quando l'area viene donata a san Francesco Borgia, generale dei gesuiti. Ma nel 1658, per la committenza di papa Alessandro VII Chigi, e il volere del cardinale Camillo Pamphilij, nipote di Innocenzo X (che rinunciò alla porpora per maritare Olimpia Aldobrandini), è il momento di un nuovo edificio. L'architetto di entrambe le famiglie era Gian Lorenzo Bernini; e il luogo, la sede del noviziato dei Gesuiti. Incarico prestigioso. Lo scultore ha già 60 anni, ed è una «star» riconosciuta: al suo attivo ha anche la Fontana dei Fiumi a Piazza Navona; il rifacimento di Porta del Popolo per l'ingresso «felice e fausto» della convertita regina Cristina di Svezia; sta studiando come sistemare piazza San Pietro, e molto altro. Sorge così la chiesa di Sant'Andrea al Quirinale, proprio di fronte (ma non c'era ancora) alla «manica lunga» creata da Ferdinando Fuga nel palazzo allora dei pontefici, quindi dei re, infine dei Presidenti della Repubblica.


LA MERCEDE
Bernini si fa aiutare da un suo collaboratore, Giovanni Mattia de Rossi; e così lusinghiero era il contratto, che, per ricompensa, i due si accontentano di ricevere il pane fresco quotidiano, ogni mattina, dai gesuiti novizi. Non si ricorda alcun altro «prezzo» analogo, o anche solo simile. L'edificio è giustamente chiamato «la perla del Barocco», anche per i marmi rosa all'interno: dalla singolare forma ellittica, l'interno è più largo che lungo; è composto totalmente dai motivi del costruire più classico: colonne corinzie, reminiscenze romane, un fregio dal sapore greco con ovali e parallelepipedi alternati. La sacrestia, berniniana, è tra le più belle della città: con armadi in noce, la Gloria di Sant'Andrea affrescata sul soffitto da Jean de la Borde (1670), le Storie dei Gesuiti; da lì, si va in un cortile, con un San Giovanni Battista di Benedetto da Maiano.

CAPPELLE
Sull'altar maggiore, il Martirio di Sant'Andrea di Jacques Courtois, il Borgognone, sovrastato da una raggiera dorata, splendida, con angeli e cherubini di Ercole Antonio Raggi, per trent'anni collaboratore di Bernini, che è autore della cappella maggiore, con l'altare in lapislazzuli e bronzo dorato. Le altre quattro cappelle mostrano quadri di Carlo Maratta e Giovan Battista Gaulli, il Baciccia. In una, il monumento funebre di Carlo Emanuele IV di Savoia che abdicò nel 1802, perduto il Piemonte ad opera dei francesi; e 13 anni dopo, due prima di spegnersi, entrò nel noviziato dei Gesuiti. E nel convento, sono ricostruite le stanze di san Stanislao Kostka, con la statua di lui morente composta di vari marmi da Pierre Legros, e le sue opere dipinte in 11 acquerelli da Andrea Pozzo, tre dei quali ne raccontano i miracoli. Segno dei tempi, tuttavia, il Noviziato è oggi la sede del Demanio. Il gesuita polacco vi morì nel 1568, ed è il patrono dei novizi della Compagnia. Ma nel 1872, parte del convento è annessa dalla Corona, e diventa il ministero della Real casa; così, è necessario spostarne le reliquie.

FACCIATA

Nella chiesa del Policleto (il «chiamato per primo»), è la facciata a costituire un altro, pregevolissimo, «unicum». I lavori per costruirla durarono 13 anni; ma Bernini pensò a un ingresso teatrale: un proscenio ricurvo, dentro cui è incassata la facciata; una scalinata semitonda porta al protiro retto da due colonne, con sopra lo stemma del principe Pamphilij; due lesene lo inquadrano, fino al timpano. Per qualcuno, è «un gioco di luci e ombre che prelude al Rococò». A poca distanza, un'altra chiesa assai importante nel panorama cittadino; ne è il contraltare, un passo fondamentale nella «guerra degli architetti»: san Carlino alle Quattro Fontane, capolavoro di Francesco Borromini, è quasi la risposta a questo Sant'Andrea.

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Il Messaggero