Crediti svalutati per centinaia di milioni di euro e, soprattutto, un pool di banche pagato in anticipo che, ora, potrebbe dover restituire i 55 milioni di euro incassati nel 2017...
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LA CRISI
La procura ha anche messo in dubbio «la correttezza dell'analisi sulle cause della crisi». Viene sottolineata «la mancata chiarezza in ordine alla svalutazione dei crediti verso la controllante». Nel piano si legge che Atac avrebbe perso 121 milioni in crediti svalutati che erano vantati nei confronti del Campidoglio. È «poco motivata» anche «l'assunzione della estraneità delle perdite registrate rispetto alla gestione caratteristica dell'impresa». Il riferimento è alla responsabilità degli ex manager, accusati dagli attuali vertici di avere contribuito, tra mala gestio e ruberie, a trascinare nel baratro la municipalizzata. Nel piano, il dato non viene inserito tra le cause del default - erroneamente - ma viene riassunto in un allegato, finito nel fascicolo della pm Miele, che raccoglie tutte le condotte penalmente rilevanti che verranno analizzate dopo il giudizio del tribunale Fallimentare. Se il piano di concordato non dovesse passare, partirebbe l'inchiesta per bancarotta, sulla base delle anomalie segnalate dal Collegio e contenute nel parere della procura sul concordato proposto da Atac.
LE PERIZIE
I revisori dovranno chiarire anche altri aspetti. Per esempio, «relativamente alla Tari - di rilevantissimo impatto - si afferma nel piano il raggiungimento di un accordo per la rideterminazione delle somme dovute, nonché l'annullamento di altre posizioni debitorie. Tali affermazioni non sono documentate», si legge nell'atto.
La bacchettata più sonora riguarda le perizie: tutte da rivedere. Una delle speranze di Atac, poi, è quella di incrementare la qualità del servizio, in modo da ridurre del 50 per cento le penali da pagare al Comune in caso di mancato raggiungimento di determinati standard. Per i giudici, però, il miglioramento in questione dipende da fattori imprevedibili, come i tempi di percorrenza.
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Il Messaggero