Roma, Atac da rifare: strigliata della Raggi

Roma, Atac da rifare: strigliata della Raggi
di Michela Allegri
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Sabato 24 Marzo 2018, 08:02 - Ultimo aggiornamento: 26 Marzo, 08:01

Crediti svalutati per centinaia di milioni di euro e, soprattutto, un pool di banche pagato in anticipo che, ora, potrebbe dover restituire i 55 milioni di euro incassati nel 2017 dalla municipalizzata dei trasporti. Non è tutto. Perché la transazione, con cui Atac ha estinto una parte del maxi debito con gli istituti di credito, è finita anche al vaglio della procura: è confluita nel fascicolo della pm Alessia Miele, che indaga sui rapporti tra Bnl e l'azienda comunale e sulle presunte pressioni che Giuseppe Pignataro, dirigente dell'istituto di credito, avrebbe esercitato per evitare che la municipalizzata proponesse un concordato preventivo e mettesse le banche in fondo alla lista dei creditori. Nel decreto notificato ad Atac dai giudici del tribunale Fallimentare si legge che «nelle more della sottoscrizione di un nuovo accordo, alla data del 31 agosto 2017 Atac ha rimborsato al ceto bancario l'importo di 55 milioni in linea capitale». E «non pare che la restituzione sia stata effettuata a fronte di nuove linee di credito». I giudici sottolineano che il pagamento potrebbe essere revocabile: «Ritiene il Collegio che tale atto debba essere compiutamente valutato dall'attestatore nella comparazione tra gli scenari liquidatorio e di continuità, atteso che la possibile revocabilità di tali pagamenti - essendo i destinatari certamente solvibili - deve rientrare nell'alveo del possibile, ulteriore attivo concordatario, ciò prescindendo da qualsiasi riflessione circa la possibile illiceità degli atti stessi». Anche la procura, nel parere inviato al Tribunale, ha sottolineato «la possibile recuperabilità della somma». Ora, i pm dovranno stabilire se le banche siano state trattate come creditori privilegiati, pur non avendone titolo.

LA CRISI
La procura ha anche messo in dubbio «la correttezza dell'analisi sulle cause della crisi». Viene sottolineata «la mancata chiarezza in ordine alla svalutazione dei crediti verso la controllante». Nel piano si legge che Atac avrebbe perso 121 milioni in crediti svalutati che erano vantati nei confronti del Campidoglio. È «poco motivata» anche «l'assunzione della estraneità delle perdite registrate rispetto alla gestione caratteristica dell'impresa». Il riferimento è alla responsabilità degli ex manager, accusati dagli attuali vertici di avere contribuito, tra mala gestio e ruberie, a trascinare nel baratro la municipalizzata. Nel piano, il dato non viene inserito tra le cause del default - erroneamente - ma viene riassunto in un allegato, finito nel fascicolo della pm Miele, che raccoglie tutte le condotte penalmente rilevanti che verranno analizzate dopo il giudizio del tribunale Fallimentare. Se il piano di concordato non dovesse passare, partirebbe l'inchiesta per bancarotta, sulla base delle anomalie segnalate dal Collegio e contenute nel parere della procura sul concordato proposto da Atac.

LE PERIZIE
I revisori dovranno chiarire anche altri aspetti. Per esempio, «relativamente alla Tari - di rilevantissimo impatto - si afferma nel piano il raggiungimento di un accordo per la rideterminazione delle somme dovute, nonché l'annullamento di altre posizioni debitorie. Tali affermazioni non sono documentate», si legge nell'atto.
La bacchettata più sonora riguarda le perizie: tutte da rivedere. Una delle speranze di Atac, poi, è quella di incrementare la qualità del servizio, in modo da ridurre del 50 per cento le penali da pagare al Comune in caso di mancato raggiungimento di determinati standard. Per i giudici, però, il miglioramento in questione dipende da fattori imprevedibili, come i tempi di percorrenza.
 

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