Beppe Grillo ha già il tweet pronto (se tutto andrà bene). Si tratterà di sostituire Aamps con Atac. Quindi rifiuti con trasporti. Livorno con Roma. Lo scorso...
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Le mille sigle che sguazzano in Atac un anno fa appoggiarono Virginia Raggi senza colpo ferire, adesso il sostegno potrebbe non essere così scontato.
Di fatto l'operazione nella Livorno pentastellata di Filippo Nogarin (anche se le dimensioni e i debiti dell'azienda non sono paragonabili con quelli della municipalizzata) in un certo senso è stata pilota per la Capitale. Non solo perché alcuni protagonisti di quella esperienza ora ricoprono ruoli apicali nella Capitale. È il caso per esempio di Luca Lanzalone, presidente di Acea, l'uomo del concordato preventivo a Livorno. E un percorso simile è toccato anche a Fabio Serini, ora commissario dell'Ipa (l'istituto di previdenza dei dipendenti comunali), prima curatore giudiziale all'Aamps. Coincidenze, forse. Così come la profetica frase di Grillo, una volta incassato il sì dei creditori nella cittadina toscana: «Quello che succede a Livorno è quello che succederà a Roma».
I TEMPI
Carlo Felice Giampaolino, il docente di Tor Vergata entrato in Atac come esperto che si occuperà della ristrutturazione societaria, si è preso una settimana di tempo da quando è stato nominato per disegnare il percorso da presentare a Paolo Simioni, sempre più plenipotenziario di Atac da quando è stato nominato direttore generale, oltre che esserne presidente e amministratore delegato.
A fine mese da via Prenestina partirà il responso verso il Campidoglio. L'ipotesi del prestito ponte viene considerata poco praticabile.
LE STRADE
In ballo ci sono il concordato preventivo o la ristrutturazione del debito, procedure entrambe gestite dal tribunale fallimentare. Nel caso della prima pista, l'azienda fa ricorso al tribunale e poi passano 120 giorni affinché i giudici si esprimano sull'accordo con i creditori e sul relativo piano industriale di rilancio dell'azienda. Intanto, per esempio, vengono bloccati gli interessi passivi sul debito: una cifra calcolata intorno ai 75 milioni di euro. Dentro il piano industriale è pronta anche finire l'alienazione degli immobili. Dopo sei mesi, in piena campagna elettorale per le regionali e le politiche, potrebbe arrivare il referendum dei creditori: banche, fornitori e dipendenti. A Livorno finì con una maggioranza schiacciante per il sì. A Roma il risultato è imprevedibile, soprattutto ad ascoltare gli annunci dei sindacati «pronti alla bloccare la città» giusto per tenersi sempre in forma. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero