Sesso, liti, telefonate e abusi: tutte le "sbandate" dell'autista Atac

Sesso, liti, telefonate e abusi: tutte le "sbandate" dell'autista Atac
Sesso, bugie e display. Eccoli, gli autisti dell’Atac, alla luce degli ultimi fatti di cronaca. Non parlate al...

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Sesso, bugie e display. Eccoli, gli autisti dell’Atac, alla luce degli ultimi fatti di cronaca.






Non parlate al conducente perché è troppo impegnato a farsi massaggiare da una piacente signorina mentre guida (senza accorgersi, ingenuo, che un passeggero sta riprendendo con il telefonino e in breve la prestazione straordinaria finirà in rete, è successo sei mesi fa); non parlate al conducente perché sta litigando al cellulare con la fidanzata, s’infuria e lascia a piedi i passeggeri (no, non era lo stesso autista e neppure la stessa signorina, però anche questo è accaduto sul serio, sette mesi fa); anzi, lasciate proprio perdere l’autista dell’Atac perché, porello, è a casa malato e ha mandato il certificato, però se volete alla sera potete ascoltarlo cantare in qualche locale dei Castelli in un concerto a base di brani del Califfo (anche questa non è una storia tratta da un film Verdone, ma è un caso reale, di due mesi fa). Infine, non parlate al conducente perché spesso è impegnato a scrivere qualche frase fuori ordinanza sui display dei bus, da «Lucia ti amo» o «Daje Roma» (e qui c’è una sfilza di foto negli archivi dei giornali).



Ma che sta succedendo agli autisti dei bus dell’Atac? Un tempo al massimo si facevano sorprendere mentre con una mano guidavano il bisonte, con l’altra parlavano al cellulare o addirittura inviavano sms (dimostrando anche qui molta ingenuità, perché nell’era delle foto con gli smartphone è scientifico che poi finisci su Internet). Negli ultimi tempi la situazione è precipitata. L’ultimo caso è quello riportato dal Messaggero giorni fa: a Termini l’autista (una donna) del bus 92 è scesa a fumarsi una sigaretta, chiudendo dentro i passeggeri che sono stati costretti a chiamare il 113 per essere liberati. Il dubbio, in questo caso, è come possa solo venire in mente di fare una cosa del genere. Affideresti un bus a una persona così? Neppure il volante della Playstation. Eppure, alla lunga lista delle follie - l’autista che accosta in seconda fila e poi va a comprarsi un pezzo di pizza bianca o a fare il bancomat, l’altro che si ferma a salutare la fidanzata, uno che impreca e bestemmia al cellulare e poi si arrabbia pure con i passeggeri che glielo fanno notare - bisognerebbe affiancare un differente elenco di episodi che hanno visto protagonisti gli autisti dell’Atac: ci sono quelli che fanno coscienziosamente il loro lavoro ma non di rado vengono presi pugni e schiaffi da qualche passeggero delinquente; altri che trovano un portafogli pieni di soldi e onestamente li restituiscono; o ancora i casi più toccanti - frequenti in una città come Roma che ha sempre più anziani, sempre più soli - dell’autista che al capolinea si accorge che una signora non più giovane, in stato confusionale, non scende. Le chiede che le è successo, lei le spiega che non ricorda più dove abita. E allora l’autista si fa in quattro per aiutarla, l’aiuta e la rassicura.



Forse bisognerà concludere che gli autisti Atac, lassù, ben in vista al volante del bus, sono lo specchio neanche tanto deformante di una città sempre più isterica e lontana dal rispetto delle regole nelle espressioni più estreme, ma per fortuna onesta e generosa nella media. Una media, però, che si sta pericolosamente abbassando a causa delle punte dell’iceberg. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero