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Rette troppo alte, quasi ai livelli delle strutture private, a cui fanno da contraltare i lati positivi, ma anche i “contrattempi” del servizio pubblico: orari rigidi (e spesso non abbastanza lunghi), minore disponibilità a venire incontro alle esigenze delle famiglie. Fino a qualche anno fa il problema degli asili nido comunali erano le liste d’attesa, con famiglie costrette a pazientare a lungo per poter iscrivere il loro piccolissimo figlio (tra i sei mesi e i tre anni di età). Oggi - complice il calo demografico che ha investito anche la Capitale, oltre a un incremento graduale dei posti disponibili - l’accesso ai nidi capitolini è un problema molto ridotto. Tanto che negli anni passati sono stati fatti anche bandi supplementari, ad anno educativo in corso, per assegnare posti rimasti vacanti in alcune strutture.
I PUNTI
Ma i nidi comunali continuano a essere un punto dolente per tanti romani.
LE NOVITÀ
Il Campidoglio, nel frattempo ha esteso la possibilità di fare domanda anche a chi è soltanto domiciliato all’interno del territorio della Capitale (senza essere residente all’anagrafe) e «ai soggetti meritevoli di tutela e privi di codice fiscale», compresi nell’ordinanza del sindaco che riconosce la residenza «a coloro che si trovano in condizioni di svantaggio economico e sociale». Cambiano anche i criteri di attribuzione dei punteggi: verrà ridotta la distanza di punteggio fra le famiglie che hanno entrambi i genitori lavoratori e quelle in cui a lavorare è solo uno dei due. Sarà inoltre ampliata la definizione di lavoratore e lavoratrice: saranno inclusi anche gli autonomi, le partite Iva, i tirocinanti, chi ha borse di studio o di ricerca. «Un piccolo ma fondamentale tassello della strategia complessiva di promozione dell’occupazione femminile - spiega l’assessora capitolina alla scuola, Claudia Pratelli - troppo spesso sacrificata proprio dalle difficoltà di conciliazione fra tempi di vita e tempi di lavoro».
Il Messaggero