A macchia di leopardo la città mostra ancora criticità sul fronte della raccolta dei rifiuti. Ama e Campidoglio restano distanti e non c'è un'intesa...
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DISTANZA
Restano i fatti: in queste ore neppure sta avanzando la trattativa tra i due fortini - quello di via Calderon de la Barca, sede Ama, e quello del Campidoglio. La soluzione prospettata da Giampaoletti - riscrivere il bilancio e creare un fondo di crediti incerti - non è stata accettata, perché Bagnacani dovrebbe andare contro non solo a quanto lui stesso ha approvato, ma anche a una consulenza di un esperto e al via libera del collegio sindacale. Nelle ultime ore Bagnacani ha scritto l'ennesima missiva al Campidoglio in cui torna a chiedere la lettera di garanzie alle banche, formalizzando una sorta di messa in mora di Roma Capitale. Giampaoletti, ai margini di un'audizione in commissione, ha ribadito che Ama non fallirà e che una soluzione ci sarà, ma i sindacati sono molto preoccupati per un altro passaggio in cui, in termini generali, ha spiegato che «sarebbe censurabile un atto che avesse come primo obiettivo la tutela del lavoro».
SENTENZA
La verità è che qualsiasi decisione su Ama, in un senso o in un altro, è stata rinviata a dopo il 10 novembre. Prima si attende la sentenza del processo a Virginia Raggi. Dovesse essere assolta, a quel punto la sindaca avrebbe anche la forza per prendere decisioni traumatiche come la rimozione dell'attuale Cda, presidente compreso, e la bocciatura del bilancio. Se invece dovesse esserci una condanna, allora qualsiasi soluzione sarebbe rinviata: i tempi si allungheranno, perché prima bisognerà comprendere il futuro della giunta e della maggioranza. Resta solo un dubbio: le banche aspetteranno? Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero