«La verità? Non abbiamo idea neanche di quanti documenti ci siano lì dentro», si sbottonano i tecnici del Patrimonio comunale. «Diciamo un numero...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
La realtà è molto diversa: l'amministrazione comunale, e certo non da oggi, non sa nemmeno quanti siano i documenti nella propria banca dati. Che assomiglia più a un gigantesco e disordinato insieme di scartoffie che a un vero e proprio archivio. In queste condizioni, è praticamente impossibile calcolare gli arretrati per migliaia di morosi.
LE PRATICHE ABBANDONATE
I faldoni con milioni di documenti sono abbandonati da mesi in una specie di sottoscala all'Ostiense, nella sede del dipartimento Patrimonio in piazza Giovanni da Verrazzano. Sono lì da quando sono stati riconsegnati dalla ditta privata che, per anni, ha gestito gli affitti comunali (e si è visto con quali risultati). Il primo a voler mettere un po' di ordine nell'archivio fu l'ex commissario Francesco Paolo Tronca, che però nel suo breve mandato riuscì a spulciare solo i primi nove scatoloni, trovando gli atti di 1.200 inquilini morosi o totalmente abusivi. Solo passando al setaccio quelle carte, lo staff di Tronca riuscì a quantificare un credito nei confronti del Comune di quasi mezzo milione di euro. Ora che la grana affitti è passata alla giunta grillina, la questione si ripropone. L'assessore al Patrimonio, Andrea Mazzillo, è al lavoro da mesi sul nuovo regolamento delle concessioni, che dovrebbe approdare sui banchi dell'Assemblea capitolina nelle prossime settimane.
Ma risistemare la giungla dei contratti senza una banca dati sugli affittuari è un'impresa ardua. Anche per questo ai tecnici del Patrimonio capitolino è stato chiesto di mettere mano alle carte abbandonate nel sottoscala. Solo che i tempi dell'operazione rischiano di essere fin troppo lunghi.
TEMPI BIBLICI
Intanto andrebbe capito esattamente quanti sono i contratti da archiviare. I calcoli che girano nei corridoi del dipartimento non sono dei più puntigliosi. Si parla di una mole di fogli tra gli 8 e i 15 milioni. Una forbice, come si dice in gergo, non proprio indifferente, anche solo per riuscire a valutare quanto servirà per completare l'inventario.
«Solo per passare allo scanner ciascun documento - svela un funzionario del Patrimonio - dovremmo impiegare almeno un anno, lavorando senza sosta e con tutti gli impiegati disponibili». Altro che «digitalizzazione» della pubblica amministrazione.
LOCALI FANTASMA
Del resto è proprio a causa di questi archivi polverosi e, di fatto, semi-clandestini che a Roma si sono potute verificare vicende altrimenti inspiegabili. Come quando, alla fine dell'anno scorso, i tecnici del Patrimonio scovarono una lista di cento immobili fantasma. Indirizzi mai dichiarati al Catasto urbano, ma che nella realtà esistevano eccome. Dove qualcuno abitava e qualcun altro andava al lavoro. Senza che il Campidoglio sapesse della loro esistenza. Tutto nascosto in chissà quale faldone deteriorato, che ancora aspetta un passaggio sullo scanner per fare finalmente un po' di luce.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero