Rieti, lavorarono a contatto con l’amianto all’ex Snia: pensione rivalutata

Ex Snia Viscosa
RIETI - L’età media dei ricorrenti è di 80 anni, due ne hanno 84, e sono tutti ex dipendenti della Snia Viscosa, dove hanno lavorato per trent’anni a...

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RIETI - L’età media dei ricorrenti è di 80 anni, due ne hanno 84, e sono tutti ex dipendenti della Snia Viscosa, dove hanno lavorato per trent’anni a diretto contatto con materiali contenenti amianto in quantità superiore a quella prevista dalla legge. A loro, pensionati da oltre due decenni, la Corte di Appello di Roma, condannando l’Inps, ha riconosciuto il diritto a percepire una pensione rivalutata con un coefficiente più alto per i periodi durante i quali erano rimasti esposti alla fibra all’interno dei reparti dello stabilimento di viale Maraini, lavorando fiocchi e filati con macchinari (forni, mescolatori, serbatoi) isolati e coibentati dall’amianto.

I passaggi


Sono cinque operai di Rieti, Greccio, Contigliano, Poggio Bustone e Belmonte, ai quali il tribunale di Rieti, nel 2017, aveva negato il riconoscimento, dichiarando prescritta la richiesta per non aver presentato in tempo la domanda, ma in secondo grado, accogliendo le tesi degli avvocati Mario Travaglini e Gianluca Ludovici, il collegio ha ribaltato la sentenza. Ma, a suscitare sorpresa, è stata una delle motivazioni del rigetto, secondo cui la bonifica completa del sito dall’amianto, avvenuta a metà degli anni ‘90, avrebbe dovuto essere conosciuta anche da chi, come i ricorrenti, avevano lasciato il lavoro in quel periodo, tanto è vero che l’eco e la risonanza avuta dagli interventi tra tutti i lavoratori dell’ex Snia, aveva spinto i colleghi a presentare la domanda nei primi anni 2000. Invece, la richiesta amministrativa il quintetto l’aveva depositata nel 2014 (oltre la prescrizione decennale, secondo il tribunale), sostenendo di non essere stato a conoscenza dei lavori in quanto non più presente in fabbrica. Prescrizione e presunta negligenza hanno rappresentato i due punti sui quali si è fondato il ricorso degli avvocati Travaglini e Ludovici. Per quanto riguarda la decadenza dei termini, ha trovato accoglimento la tesi difensiva, che ha individuato la decorrenza della prescrizione a partire dalla data di presentazione della prima richiesta all’Inail da parte dei ricorrenti, e non come sostenuto dal tribunale, da quando l’avevano presentata i loro colleghi. Quindi, sulla conclusione del primo giudice relativa al «non potevano non sapere», riferito agli ex dipendenti, vista l’ampia eco avuta dagli interventi di bonifica, il collegio della seconda sezione lavoro della Corte di Appello è stato netto: la presunzione non ha fondamento, in mancanza di elementi di riscontro non può darsi per scontato o assai probabile che i ricorrenti fossero a conoscenza delle domande presentate da altri lavoratori e della loro fondatezza relativa all’esposizione, oltre i limiti, all’amianto, considerato che le prime sentenze favorevoli risalgono al 2012. In conclusione, pensioni da riliquidare sulla base dei periodo, calcolate per ogni dipendente dal consulente tecnico nominato dalla Corte, rivalutazione dell’assegno e condanna per l’Inps a pagare le spese processuali di entrambi i processi.

 

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Il Messaggero