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RIETI - La storia della più antica farmacia di Rieti affonda le radici alla fine del ‘700, quando lo Stato Pontificio concesse la licenza per l’esercizio dell’arte “aromataria” - che consentiva il commercio di spezie, vini aromatici e anche di farmaci - mostrata in cornice da Giovanni Petrini, detto “Gianni”, discendente di una famiglia dedita da 150 anni all’attività farmaceutica.
Dall'Unità d'Italia. «Quella bottega, dove alle origini si vendevano e creavano medicine e si svolgeva attività protomedica di primo intervento, era divenuta, nel secolo, una farmacia vera e propria e si trovava in via Garibaldi, all’angolo di via Tancredi, dove una volta c’era una tabaccheria. L’attività fu rilevata nel 1865 e trasferita in via Roma, dove risiede tutt’ora, da Lodovico Petrini che sarebbe stato il secondo sindaco della storia di Rieti, dal 1870 al 1877», spiega Gianni davanti alla cornice che espone il primo stemma originale del Comune di Rieti. Da allora dietro al bancone c’è sempre stato uno della famiglia. Gli ultimi sono stati Gianni, ritiratosi dall’attività pochi mesi fa cedendo l’azienda a terzi e, prima di lui, il popolarissimo padre, Ludovico, competentissimo e impeccabile professionista che, nonostante un mestiere da considerarsi molto tranquillo e noioso, seppe ravvivare la propria vita extraprofessionale. «Mio padre era un talento precoce - ricorda Gianni - si laureò a 21 anni, nel 1951, e senza dubbio l’aver vissuto da nostri parenti a Roma, nei pressi di via Veneto, gli permise non solo di testimoniare ma anche di vivere in prima persona la leggendaria epoca della “dolce vita”».
La cinquina. «Potrei raccontare decine di aneddoti sugli anni ruggenti di Ludovico - ricorda uno dei suoi più cari amici. - Tra quelli più emblematici che amava ricordare c’è il seguente. Bisogna premettere che quello stile di vita - tra Roma, riviera ligure, Montecarlo e così via - era molto dispendioso e tra una peripezia e l’altra poteva capitare di trovarsi in temporanea mancanza di liquidità, da cui però Ludovico sapeva sempre districarsi brillantemente, come quella volta a Capri dove, dopo aver giocato e vinto una ricchissima cinquina al lotto, consegnò il tagliando a una persona cui doveva una somma e ripartì col traghetto. Non chiedetemi però l’importo. Oppure potrei raccontare quando a via Veneto incrociò nientemeno che Anna Magnani la quale vedendolo esclamò affascinata: «A more’ ‘ndo vai?».
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Il Messaggero