Rieti, coronavirus: il calvario dell’uomo di Belmonte positivo al Covid-19

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RIETI - Coronavirus: fino ad ora è l’unico caso di Covid-19 confermato a Belmonte. Ma la richieste di un tampone e poi di aiuto da parte di uomo di 52 anni positivo...

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RIETI - Coronavirus: fino ad ora è l’unico caso di Covid-19 confermato a Belmonte. Ma la richieste di un tampone e poi di aiuto da parte di uomo di 52 anni positivo al coronavirus hanno finito per trasformarsi in un calvario che avrebbe potuto avere un epilogo peggiore.


La denuncia

La vicenda dell’uomo, comandante pilota di una compagnia aerea, inizia al ritorno da New York. A raccontarne la storia è la figlia della compagna dell’uomo: «Il mio patrigno è tornato da New York il 25 marzo con febbre e disturbi del gusto – spiega la ragazza - Il 26 marzo, il medico di famiglia ha aperto un certificato medico per Covid-19. Il 27 mia madre e il suo compagno hanno quindi telefonato al numero verde della Regione Lazio per comunicare di aver già iniziato la quarantena volontaria. Ma a partire dal 26 marzo fino al primo aprile nessuno è andato da loro a fare il tampone, né l’Asl di Rieti li ha contattati per conoscere la situazione. Il primo aprile, chiamando il numero verde dell’Asl di Rieti sono venuti così a sapere che non sapevano nulla della loro situazione, nonostante fosse stato aperto anche il certificato di Covid-19 dal medico curante». L’uomo, nel frattempo, inizia ad accusare i primi, seri sintomi del coronavirus: «Il 2 aprile mia madre ha chiamato l’Ares 118 di Rieti perché il suo compagno aveva febbre e affanno respiratorio. Parlando con lui al telefono, il 118 gli dice che a loro sembra che respiri bene e di proseguire con la tachipirina». Due giorni dopo, però, la situazione peggiora: «Il 4 aprile mia madre chiama nuovamente il 118 spiegando che il mio patrigno non sta bene: al telefono parlano di nuovo con lui e ripetono di stare tranquilli e di proseguire con la terapia, mentre nel frattempo nessuno continuava ad andare a fare il tampone». La mattina del 5 aprile la situazione prende una piega apparentemente positiva «perché finalmente, dopo le ripetute sollecitazioni del medico di famiglia già dal 27 marzo, l’Asl effettua il tampone al compagno di mia madre - prosegue la figlia della donna – Alle 16 però mia madre chiama ancora il 118, perché nel frattempo il compagno aveva la febbre a 39 e forti difficoltà a respirare. E quando la donna del 118 ha provato di nuovo a ripetere loro di stare tranquilli, mia madre ha minacciato di denunciare il 118». A quel punto, tutto cambia: «Dopo le minacce, alle 18 a Belmonte è arrivata l’ambulanza: ma nonostante dalla visita fosse emerso che il mio patrigno avesse valori dell’ossigeno intorno a 90, con dolori ai bronchi e affaticamento respiratorio, i sanitari continuavano a ripetere che la situazione non fosse grave e solo su nuova insistenza di mia madre è stato trasportato al de Lellis dove, alle 19, una lastra ai polmoni ha individuato focolai di polmonite bilaterale tipica del Covid-19. Il tampone di martedì ha confermato la sua positività al virus e ora da domenica è ricoverato col supporto dell’ossigeno. Dopo tutto quello che è accaduto però, a oggi, nessuno ha ancora sottoposto mia madre al test e solo il suo senso civico l’ha spinta ad autoisolarsi». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero