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RIETI - E’ reatino doc, ha costruito la sua fortuna professionale in Cina ma, a causa della pandemia, da due anni non riesce più a rientrare nel Paese del Dragone dove è star indiscussa nella creazione di reti informatiche e della gestione logistica di eventi internazionali e mondiali. E’ l’incredibile e travagliata storia di Gianni Rinaldi (nella foto), 47 anni, una moglie cinese e due figlie bilingue, per il quale le vacanze di Natale del 2019 sarebbero dovute durare circa un mese e invece hanno finito per trasformarsi in una residenza permanente a Rieti, a causa della burocrazia cinese che, chiuse le frontiere dopo lo scoppio della pandemia, non contempla l’esistenza del doppio passaporto per poter entrare e uscire dalla Cina, ma soltanto speciali visti rilasciati, però soltanto a condizione che si possieda un regolare contratto di lavoro o si sia proprietari di un’azienda con sede in Cina.
Diplomato all’istituto tecnico-economico “Savoia” di viale Maraini, negli anni ‘90 la fortuna di Gianni furono le prime, richiestissime e introvabili competenze nella realizzazione delle reti informatiche e della manutenzione dei software: «Lavoravo in uno studio geologico multidisciplinare reatino dove erano presenti anche professionisti che avevano necessità di questo genere di competenze - racconta Rinaldi a Il Messaggero. - Così, dopo i primi approcci alla creazione delle reti informatiche decisi di fare sul serio, conseguendo varie certificazioni, ottenendo le prime importanti consulenze in Italia e spostandomi poi a 29 anni in Irlanda dove, nel giro di poco tempo, ricevetti le prime offerte di lavoro».
L'impasse
Tornato in Italia, l’amara sorpresa del Bel Paese: «Un curriculum come il mio si è rivelato troppo qualificato per le competenze richieste dalle aziende italiane - spiega Rinaldi. - Alle mie offerte di lavoro, molte imprese non hanno mai risposto neanche con un formale “Le faremo sapere”, come accaduto ad esempio anche qui a Rieti da parte di aziende che cercavano persone in grado di intrattenere rapporti commerciali con la Cina, salvo poi non rispondere a chi, come me, ha competenze internazionali». Nel 2018 matura quindi la scelta di tornare in Cina con la famiglia: «A quel punto sono tornato a Rieti nel dicembre del 2019 per trascorrere le vacanze di Natale, convinto di ripartire a gennaio - continua Gianni. - A dicembre la situazione del Covid non appariva ancora così grave in Cina, ma quando a gennaio scoppiò il caos decisero di chiudere le frontiere, revocando anche tutti i visti turistici e per il ricongiungimento familiare». E nonostante una moglie cinese e due figlie nate dal matrimonio, la Cina non prevede l’esistenza del doppio passaporto: «L’unica soluzione sono dei visti che vengono rilasciati a chi ha un regolare contratto di lavoro è titolare di un’azienda con sede in Cina», conclude Rinaldi, che in Cina lavora da indipendente, affiancando l’attività della moglie blogger e influencer. Un figlio di Rieti e dell’Italia, sospeso nel limbo della burocrazia cinese a causa dell’immeritocrazia italiana.
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Il Messaggero