OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
RIETI - Si frattura un ginocchio, arriva in una struttura ospedaliera umbra dove scopre di essere positiva al Covid e che non l’avrebbero per tale motivo operata. Inizia un calvario che si interrompe solo una volta arrivata all’ospedale San Camillo de’ Lellis di Rieti dove, nonostante l’infezione da coronavirus, viene sottoposta all’intervento alla rotula, scongiurando rischi per la gamba e facendo sì che i familiari a casa potessero rimanere negativi. E allora sì, ci sono storie a lieto fine anche in sanità. Quelle alle quali si è meno abituati, ma che vogliono raccontare per primi i pazienti che le hanno vissute, affinché la propria esperienza possa essere insieme esempio e iniezione di fiducia per quanti si trovano in situazioni di difficoltà e hanno bisogno di accedere a un servizio sanitario.
Silvia Pacelli ha 45 anni, vive a Tarano e lavora in un supermercato di Stimigliano.
Un altro trattamento. Qui per Silvia finalmente è iniziata un’altra storia: fatta di empatia e professionalità incontrata prima al pronto soccorso poi nell’Unità di degenza infermieristica (Udi) Covid. «Ho incontrato – prosegue Silvia -, per mia fortuna, una realtà completamente diversa. Sono stata trattata benissimo sia al pronto soccorso che nel reparto Udi (dove ancora è ricoverata, ndr), ma soprattutto sono stata operata venerdì nonostante la positività. Nell’altra struttura avrei dovuto attendere la negativizzazione e quindi almeno 20 giorni: una cosa inconcepibile. Invece, a Rieti sono stata già sottoposta all’intervento che è andato a buon fine e in questo reparto nonostante non sia un’ortopedia ho trovato del personale eccezionale. Purtroppo, sono ancora positiva e probabilmente verrò trasferita, ma non dimenticherò la professionalità con cui sono stata trattata. A meglio non potevo ambire».
Leggi l'articolo completo suIl Messaggero