Allarme videogiochi: «Creano dipendenza come la droga». Casi in aumento

Allarme videogiochi: «Creano dipendenza come la droga». Casi in aumento
Trascorrono ore, fino ad arrivare a intere giornate, davanti al monitor per giocare ai videogame, da soli o in compagnia, ma rigorosamente virtuale, connettendosi con altre...

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Trascorrono ore, fino ad arrivare a intere giornate, davanti al monitor per giocare ai videogame, da soli o in compagnia, ma rigorosamente virtuale, connettendosi con altre persone in rete. Perdono interesse nello studio, nelle amicizie, nel lavoro e in tutti quei passatempi che prima erano passioni. Dormono poco. A volte dimenticano di mangiare. Possono arrivare a perdere di vista il confine tra finzione e realtà, tra la partita che stanno giocando e la vita.


Sono oltre 240mila in Italia i giovani tra quindici e trent'anni dipendenti dai videogame. In media trascorrono più di tre ore al giorno davanti al pc, ma possono arrivare a picchi di 10-12. Nel 70% dei casi sono di sesso maschile. A fornire un quadro della dipendenza da videogioco nel nostro Paese è la Società Italiana Psichiatria Sociale, che ha posto il tema al centro dei lavori del suo Congresso nazionale da oggi a Napoli, guardando all'ingresso del disturbo tra le malattie psichiatriche classificate dall'Oms che sarà sancito a maggio nel corso della prossima Assemblea Generale dell'Organizzazione.

AUMENTO RICOVERI
Una decisione dettata dall'aumento degli accessi in pronto soccorso dopo maratone di videogiochi e dal caso di un americano di 35 anni, deceduto lo scorso anno dopo aver giocato on line per ventidue ore consecutive. «Di dipendenza da videogame - spiega Andrea Fiorillo, professore associato di psichiatria Università Vanvitelli di Napoli e responsabile scientifico del Congresso - oggi si parla per le fasce giovanili, dai quindici ai trent'anni. In realtà l'attività comincia prima, intorno ai dieci, e la dipendenza può manifestarsi anche dopo i trenta, come dimostra la cronaca». La malattia può essere di due tipi: online quando il soggetto deve essere necessariamente collegato a internet, offline quando il gioco si pratica in solitudine.
«Forme diverse - prosegue - che corrispondono a differenti tipologie di persone. Il soggetto più competitivo, alla ricerca di sfide, sarà più facilmente attirato dalla modalità di gioco online. Il più introverso dalla seconda. La dipendenza però non è favorita da questioni caratteriali, bensì da elementi sociali, a partire dalla mancanza di coesione familiare e, spesso, perfino dall'esempio dato dai genitori che trascorrono molto tempo in rete». Non una questione di personalità dunque, ma significative differenze di genere a giudicare dai risultati di un recente studio su 3.000 studenti universitari, promosso dal Dipartimento delle Politiche antidroga della Presidenza del Consiglio e condotto in tre atenei, a Napoli, Brescia, Pisa.

MAGGIOR RISCHIO PER I MASCHI
«In questo lavoro, in attesa di pubblicazione, è stato documentato che gli studenti di sesso maschile hanno un rischio maggiore di sviluppare il disturbo da dipendenza da videogiochi, trascorrendo più tempo online e con maggiore astrazione dalla realtà. Le ragazze fanno più frequentemente uso dei social network. Le cause sono da ricercare sia nelle tipologie di videogiochi, prevalentemente maschili, sia nella maggiore ricerca di riconoscimento sociale da parte delle giovani».

Gravi le possibili conseguenze della malattia da videogame. «Si possono registrare aumento della pressione arteriosa, alterazioni metaboliche, crescita del colesterolo e maggiori rischi a livello cardiovascolare. Poi aggressività, bassi livelli di autostima, tendenze autolesive. Non esiste un numero di ore stabilito come corretto, di solito si stima intorno alle tre o quattro, ciò che conta è l'approccio, il videogame non deve essere il primo pensiero».

DISCIPLINA SPORTIVA

I videogiochi, di per sé, ovviamente, non sono nocivi, anzi, sono stati ufficialmente riconosciuti dal Comitato Olimpico come «discipline agonistiche vere e proprie». E gli eSports vengono monitorati con interesse. Intanto, il 24 febbraio, si terrà la seconda edizione di Game School, l'Olimpiade nazionale del videogioco nella didattica, competizione tra studenti delle primarie e delle secondarie di primo e secondo grado per sviluppare strumenti alternativi nell'apprendimento. Perché i videogame, ben giocati, secondo gli esperti, fanno bene alla concentrazione e pure alla creatività. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero