Una raffica di spari alle spalle, poi le urla inneggianti ad Allah: «Noi moriamo ad Aleppo, tu muori qui». L'ambasciatore russo in Turchia, Andrei Karlov, viene...
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Un clamoroso omicidio in diretta, davanti alle telecamere e agli occhi di decine di invitati, che rischia di avere pesanti ripercussioni sui rapporti tra Turchia e Russia, da poco ricuciti dopo l'abbattimento del jet di Mosca al confine siriano nel novembre 2015. Dopo l'agguato, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha subito chiamato il suo omologo russo Vladimir Putin. Ankara condanna il «vile atto terroristico». «Non permetteremo che questo attacco oscuri l'amicizia tra Turchia e Russia», assicura il ministero degli Esteri. Poco prima, confermando la morte dell'ambasciatore, Mosca aveva parlato di «un giorno tragico per la diplomazia russa».
Sono circa le 19 ad Ankara quando Karlov sta tenendo il suo discorso inaugurale alla mostra 'La Russia attraverso gli occhi dei turchì alla Galleria d'arte contemporanea nel centro di Ankara, uno dei primi eventi pubblici a cui aveva deciso di partecipare dopo la normalizzazione dei rapporti diplomatici. Giacca e cravatta nere, impeccabile camicia bianca, il killer tira improvvisamente fuori la pistola e comincia a sparare. Nella sala è il panico, i presenti si danno alla fuga. «Non dimenticatevi di Aleppo, non dimenticatevi della Siria», urla Altintas, diplomatosi nel 2014 all'accademica di polizia Rustu Unsal di Smirne e da allora in servizio nei reparti antisommossa. Il blitz delle teste di cuoio non gli lascia scampo. Ma per la credibilità della sicurezza turca è un colpo letale.
Le ipotesi sono molte, dal lupo solitario all'agguato pianificato da una cellula estremista all'interno delle stesse forze di sicurezza, lo 'Stato profondò spesso evocato in Turchia.
Il Messaggero